Che rimarrà di questo sciopero? Prima di tutto rimarrà la hybris di un piccolo gruppo di magistrati che si è scontrata col buon senso e la ragionevolezza della gran parte delle toghe. E rimarrà la cenere di un sindacato, l’Associazione nazionale magistrati, che di fatto è stato sfiduciato dai propri iscritti, trascinati in uno sciopero che non hanno capito e che non volevano. Intendiamoci, nessuno in questo giornale ha mai negato il diritto all’agibilità politica dei magistrati, né ha mai messo in dubbio la loro legittima soggettività politica, ma è indubbio che in questi mesi abbiamo assistito a un salto di qualità delle loro rivendicazioni che ha sfiorato la legittimità costituzionale. C’è infatti stata una vera e propria discesa in campo, una "chiamata alla battaglia" contro una riforma votata dal Parlamento democraticamente eletto, che ha corroso ancora una volta il fragile equilibrio tra poteri. Come ha infatti spiegato sul Dubbio il professor Giovanni Guzzetta, le toghe hanno rilanciano la mobilitazione non per tutelare “ le loro posizioni nell’ambito del rapporto di lavoro, ma per rappresentare la loro visione politica”. Il che li ha posti in contrasto diretto col nostro parlamento, col potere legislativo che ha il diritto e il dovere di riformare (anche) la nostra giustizia. Ma non v’è dubbio che questo flop ridisegnerà e cambierà i rapporti di forza tra giustizia e politica, e chiuderà, speriamo per sempre, la stagione dell’egemonia dei magistrati che in questi 30 anni ha destabilizzato l’equilibrio istituzionale.