«Il valore morale- etico ed al contempo il valore giuridico tutelato statutariamente dall’Associazione nazionale magistrati è lo stesso valore che anima il magistrato nella sua funzione quotidiana di esercizio della giustizia prima ed indipendentemente dall’essere iscritto ad una Associazione che di quegli stessi valori si erge a paladina. Allora nessun magistrato e non solo il magistrato iscritto all’Anm potrebbe giudicare di questi fatti, perché sempre avrebbe un interesse alla tutela ed al rispetto di quei valori che l’Anm si prefigge per Statuto di proteggere». La procura generale di Perugia motiva così la sua richiesta di rigetto della domanda di ricusazione avanzata dai legali di Luca Palamara nei confronti della presidente Carla Maria Giangamboni e della collega Serena Ciliberto, giudici del tribunale che lo sta giudicando nel capoluogo umbro. Le due avevano infatti confermato la propria iscrizione all’Associazione nazionale magistrati, ritenendo dunque potenzialmente sussistente una situazione di incompatibilità, data la richiesta di costituzione civile avanzata dal sindacato delle toghe, per ottenere «l’integrale risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti per i fatti di cui ai capi di imputazione contestati al dottor Palamara».

La richiesta sarà discussa in aula lunedì davanti alla Corte d'appello perugina, presieduta da Mario Vincenzo D’Aprile, dopo la richiesta di astensione avanzata dal consigliere della Sezione civile Ferdinando Pierucci. Ma nel frattempo, con una memoria lunga quattro pagine, il sostituto procuratore generale Tiziana Cugini ha definito un «falso problema» quello sollevato dalla difesa di Palamara, ritenendo insussistente il rischio «di interesse morale convergente tra i magistrati giudicanti iscritti» all’Anm e la stessa associazione. Perché, secondo il magistrato, qualunque giudice è portatore di quei valori difesi dallo Statuto dell’Anm, motivo per cui nessuno, potenzialmente, sarebbe idoneo a giudicare il caso. La difesa di Palamara aveva invece sottolineato la potenziale situazione di conflitto, evidenziando la necessità di verificare «l’imparzialità, l’indipendenza e la terzietà, sostanziale come apparente, del Collegio competente a decidere», così come stabilito dalla Cedu e dalla Corte costituzionale, sin dal momento in cui il collegio è chiamato a pronunciarsi in merito all’ammissibilità della costituzione di parte civile.

Cugini richiama il rigetto già espresso dal presidente del Tribunale di Perugia alle richieste di astensione dal giudizio pur avanzate dalle due giudici (dunque propense a ritenere sussistente il rischio lamentato da Palamara), sottolineando come i valori “protetti” dall’Anm sono quelli a cui «ogni magistrato, proprio perché tale, ispira quotidianamente il suo lavoro, sono i valori della sua funzione istituzionale che onora e rispetta in ogni momento dell’esercizio della funzione, requirente o giudicante, che viene a svolgere dal giorno della sua immissione in possesso al giorno del suo collocamento a riposo». Motivo per cui, «se si aderisse alla prospettazione della difesa si arriverebbe all’assurdo di non poter assicurare alcun giudice “imparziale” a questo processo, perché anche il giudice non iscritto all’Associazione nazionale magistrati avrebbe o potrebbe avere un interesse in conflitto con l’imputato e convergente (per “simpatia” e/ o “comune sentire”) con la costituenda parte civile Associazione nazionale magistrati».

Insussistente, secondo la procura generale, anche il rischio di «sudditanza» dele giudici nei confronti del sindacato delle toghe: il rischio di poter incorrere in un procedimento disciplinare sarebbe un ulteriore «falso problema», perché in quel caso il magistrato, «tradito» dall’Associazione di cui fa parte - e che pretenderebbe un comportamento di parte - potrebbe stracciare la propria iscrizione. Cugini esclude anche un possibile «interesse economico» comune, dato che nello Statuto «non è detto che il patrimonio dell’associazione è costituito da quanto questa eventualmente possa ricavare da un’azione giudiziaria di tipo risarcitorio».

Ragioni che non trovano d’accordo la difesa di Palamara, che «vuole essere giudicato, ma nel rispetto delle regole nazionali e sovranazionali», hanno sottolineato gli avvocati Benedetto Marzocchi Buratti e Roberto Rampioni. L’ex presidente dell’Anm «non ha mai chiesto di non essere giudicato - hanno aggiunto i legali -, tanto che è in corso nei suoi confronti un processo a Perugia già in fase avanzata di istruttoria. Il tema sulla terzietà del giudice lo ha creato l'Anm, che ha chiesto di costituirsi parte civile in un processo dove due membri del collegio sono iscritti alla medesima associazione. La sensibilità di questi ultimi magistrati ha permesso a questa difesa di porre il tema sulla terzietà del giudice, che deve essere non solo sostanziale ma anche apparire come tale. Temi peraltro già posti in numerose occasioni al vaglio della Cedu che ha condannato numerosi stati membri proprio per il difetto di terzietà».