Luca Ciriani, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, giura di non volersi intromettere «sull’eventuale scelta di Lega e Forza Italia di fare un partito unico», ma dalla tre giorni organizzata da Fd’I a Milano manda un messaggio chiaro: «Dalla rielezione di Mattarella in poi abbiamo avuto la sensazione che per qualcuno fosse più importante tenere unito il centrodestra di governo piuttosto che creare un’alternativa al centrosinistra».

Capogruppo Ciriani, qual è il messaggio che lanciate dalla convention?

Questa manifestazione è la conferma di un percorso che abbiamo sempre avuto in testa, sin dalla fondazione di Fd’I. Cioè l’idea di non fare un partitino autoreferenziale che vivesse nella memoria del passato ma un grande partito di centrodestra e di governo. Oggi il sogno è diventato realtà e vogliamo celebrare questo punto di arrivo. Dopo il disastro di Fini e del Pdl oggi celebriamo la rinascita e di ripartenza.

E sfidate anche la Lega per la leadership della coalizione, o sbaglio?

È chiaro che ci candidiamo a essere destra di governo e lo abbiamo sempre detto. I numeri nella coalizione oggi sono diversi ma il nostro spirito di collaborazione e lealtà non è cambiato. Siamo sempre stati corretti e abbiamo sempre creduto che il centrodestra sia un grande contenitore sociale dove gli elettori si sentono a casa. Speriamo che questo progetto sia condiviso da tutti, anche se certamente oggi c’è una centralità di Fd’I che prima non c’era.

Auspica unità, eppure Forza Italia e Lega ormai da mesi hanno preso la strada di una federazione: come se ne esce?

Che Forza Italia e Lega facciano un unico partito o una federazione è una scelta loro e non voglio intromettermi. Ma questo non cambia il ragionamento complessivo. Che siano due, tre o quattro i partiti della coalizione, l’importante è che si trovi una sintesi. Sono dispiaciuto per i continui litigi perché nel 2023 abbiamo un’opportunità storica di governare e per questo occorre far prevalere l’unità del blocco sociale ed economico di centrodestra presente nel paese.

Insisto: i rapporti tra Meloni e Salvini sono al lumicino. Come si può riappacificare una situazione così compromessa?

È chiaro che dalla rielezione di Mattarella in poi abbiamo avuto la sensazione che per qualcuno fosse più importante tenere unito il centrodestra di governo, che tra l’altro non è nemmeno azionista di maggioranza dell’esecutivo, visto che lo è il Pd, piuttosto che creare un’alternativa al centrosinistra.

Che invece è quello che vogliamo fare noi, dicendoci contrari a un nuovo governo di larghe intese con dentro tutti alla prossima emergenza utile. Vogliamo un bipolarismo in cui ci sia sana competizione.

A più di un anno dalla nascita del governo Draghi, possiamo dire che la scelta di restare all’opposizione abbia pagato?

La scelta di andare all’opposizione non fu di convenienza, ma pericolosa e coraggiosa.

Tutti prefiguravano uno scenario in cui Fd’I sarebbe rimasta schiacciata, ma noi abbiamo sempre detto che non avremmo fatto governi con Pd e Cinque Stelle e siamo stati coerenti.

Peraltro stiamo facendo un’opposizione costruttiva, come dimostra la nostra posizione sulla guerra in Ucraina. Al contrario, non capiamo in cosa il centrodestra di governo abbia determinato o condizionato il cammino dell’esecutivo. Dal catasto alla giustizia, non vedo grandi successi.

A proposito di guerra, pensa che in futuro la diversità di vedute tra voi e la Lega potrebbe diventare un problema?

Credo che la Lega abbia espresso qualche perplessità che posso anche comprendere, anche perché quando si evocano scenari da terza guerra mondiale è chiaro che possono esserci posizioni diverse. La nostra posizione è da sempre coerente e filoatlantica e in questo caso c’è un aggressore un aggredito: non c’è spazio per scelte neutraliste o terziste.