Toni Capuozzo è finito nel tritacarne manicheo dell’“o con me o contro di me”. Toni, del quale abbiamo ospitato più di un articolo, è una delle prime vittime degli effetti collaterali di questa guerra, dell’“ordine di servizio collettivo” che in queste settimane ha intimato a ognuno di noi di schierarsi senza sfumature e senza dubbi. E capite bene che per noi è piuttosto difficile rinunciare ai dubbi. Capuozzo ha messo in discussione le immagini del massacro di Bucha. Chi scrive non ha alcuna incertezza sull’origine di quella strage. Non serve certo una commissione Onu – come ha chiesto una sbadata e “sbandata” Anpi – per risalire ai mandanti e agli esecutori di quella carneficina. Si tratta di Putin e del suo esercito, che non avrà il segno delle Ss sulla mostrina come qualche soldato del famigerato battaglione Azov, ma si comporta come e peggio dei nazisti. L’ha detta bene, e del resto gli capita spesso, Erri de Luca: «I russi a Bucha si comportano come i nazisti a Napoli nel 1943: sono le rappresaglie di chi sta perdendo la guerra». Ciò non toglie che Capuozzo abbia il sacrosanto diritto di dubitarne. Insomma, la guerra fa questi strani scherzi: mette l’elmetto e affibbia bandiere a ognuno di noi. Elimina sfumature e conduce tutti verso un manicheismo insensato. Noi non condividiamo la linea di Capuozzo, ma proprio per questo, oltre che per la sua bravura, nei giorni scorsi abbiamo pubblicato alcuni suoi articoli. E se ce lo concederà continueremo a farlo, perché la censura non solo è sbagliata ma è soprattutto stupida: inaridisce, conforma e massifica i pensieri. Ogni guerra, e questa in particolare, è attraversata da mille contraddizioni e dobbiamo ringraziare, anziché scomunicare, chi ce le sbatte in faccia, chi ci distoglie dal pensiero unico e dalle certezze che si sedimentano e incancreniscono dentro di noi. Anche perché, dopo un mese di guerra una cosa inizia a essere chiara: Putin non è l’unico a giocare la sua (sporchissima) partita…