Di fronte a ciò che Putin sta dimostrando di sapere o voler fare in Ucraina, magari in vista di chissà quali altre imprese, ci si può chiedere se sia più assordante il silenzio di Silvio Berlusconi o di Giuseppe Grillo, in ordine rigorosamente alfabetico, accomunati una volta tanto da una certa ammirazione, diciamo così, nutrita e manifestata per il capo del Cremlino dell’era post- sovietica: il primo sino a sperare di poterlo associare prima o poi alla Nato. Dove invece Grillo non si è mai spinto ad immaginarlo non avendo un buon giudizio, diciamo così, dell’alleanza atlantica.

L’imbarazzo di entrambi è evidente, e anche comprensibile, per carità. Ma quello di Grillo è doppio perché abbinato al silenzio non meno imbarazzante su quello che potremmo chiamare l’antagonista di Putin. Che è il presidente dell’Ucraina Zelensky, anche se è convinzione diffusa, specie fra gli anti-atlantisti, che sia invece il presidente americano Biden, sostenitore, maggiore finanziatore, suggeritore, fomentatore e quant’altro dell’uomo di Kiev, chiamiamolo così.

Per dirla con franchezza, Zelensky ha creato a Grillo più problemi di Putin costringendolo a guardarsi nello specchio e a valutarsi come comico - pure lui prestato o approdato alla politica. Il casino - scusate la parolaccia, pur diventata corrente e quasi innocua- creato da Grillo alla e nella politica italiana con quel bizzarro tentativo compiuto nel 2007 di infilarsi nel Pd e poi con la decisione di mettersi in proprio col Movimento 5 Stelle, portandolo solo 11 anni dopo in testa alla classifica delle forze rappresentate in Parlamento, è stato ed è niente, o quasi, di fronte a ciò che ha saputo provocare e produrre Zelensky non solo nel suo Paese, ma anche o forse ancor più nel mondo.

Per raggiungere un simile risultato, facendo saltare i nervi persino a uno come Putin, che sembrava la quintessenza del ghiaccio, refrattario ad ogni emozione, l’attore comico ucraino non ha dovuto nascondersi dietro nessuna cortina fumogena. Non ha dovuto inventarsi garante di niente e di nessuno. Non ha dovuto cercare controfigure o simili, a meno che non si voglia sostenere che ne abbia trovata una persino in Biden. Non ha dovuto corteggiare, scaricare e ricaricare nessun avvocato e nessun conte, con la maiuscola o la minuscola del caso. Ha fatto tutto e direttamente da solo, smascherando un bel po’ di gente, scoperchiando un bel po’ di sepolcri imbiancati, gridando in faccia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu quello che è, o che è diventato specie dopo il superamento degli equilibri e delle spartizioni politiche concordate a Yalta dopo quella carneficina che era stata la seconda guerra mondiale, non essendo stata evidentemente sufficiente la prima.

Ciò che è diventato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e tutta intera l’Onu è semplicemente un monumento alle buone intenzioni, o - peggio - all’ipocrisia, in cui uno Stato come la Russia e pochi altri possono bloccare qualsiasi intervento provocato dalle più sconsiderate iniziative loro o dei loro amici.

Anche Zelensky, come l’improvvisatore Grillo, ha compiuto i suoi errori, a cominciare da quello di avere irrealisticamente puntato, nelle condizioni geopolitiche in cui si trova il suo Paese, all’adesione alla Nato, fornendo pretesti a Putin, ma non vi ha insistito più di tanto. E si è tolto dall’angolo rapidamente ficcandovi il nemico con la disponibilità gridata a trattare su una neutralità garantita.

A questo nemico, in maniche di camicia come un Alessandro Di Battista qualunque, Conte di fatto offre, volente o nolente, sponde protette, sempre volente o nolente, da Grillo. Che ha impiegato due settimane per rimuovere dal suo blog personale una vignetta sfottente contro i sostenitori dell’Ucraina per sostituirla con un’altra non meno sfottente, e più triviale, contro chi, puntando all’autonomia energetica dalla Russia, accumula gas scoreggiando sotto le coperte di casa. Comicità di bassa lega, direi, anche a proposito della posizione dell’altra Lega, quella di Matteo Salvini, sui problemi aperti dalla guerra di Putin.