Quando e se, speriamo presto, finirà l’incubo di una possibile terza (e ultima) guerra mondiale, scatenata dalle bombe di Putin contro l’Ucraina, bisognerà riflettere sul perché in Italia il dibattito s’è incentrato, con un’ampiezza sconosciuta in tutti gli altri Stati europei nessuno escluso, sul “né … né”, per significare che noi italiani, popolazione e governo, non avremmo dovuto aiutare né l’aggressore russo né l’aggredita Ucraina. Con l’aggiunta strategica, che il “né… né”, non serve e non può certo giustificare l’aggressione di Putin. Non c’è analista né giornale italiano che non si sia occupato dell’argomento. Per aggirare le difficoltà connesse a questa posizione, per sostenerla senza però assumersene la responsabilità culturale, s’è perfino teorizzato un divieto costituzionale, sempre e comunque, all’utilizzo delle armi. Il che per attenuare qualsiasi nostro coinvolgimento perché è come se dicessimo: “Certo sarebbe anche bello e giusto aiutare l’Ucraina con le armi ma la Costituzione in Italia ce lo impedisce. Insomma, pazienza ma non si può”. Interpretazione forzata del principio fondamentale del ripudio costituzionale della guerra come ha spiegato sul

Dubbio il giurista Giovanni Guzzetta. È vero: nessuna forza politica del nostro Paese è scesa in campo per appoggiare esplicitamente il dittatore russo e le sue pretese di prendersi, come sta facendo, una parte del territorio ucraino e di controllarne la restante parte. È inoltre evidente a tutti che Putin rinvia e rinvierà le trattative invocate da Zelensky per avere il tempo di impadronirsi di altri territori. Ma è anche vero che in nessun Paese dell’Ue è così ampiamente fiorito il “né … né” che significa un “posate le armi” non per chiedere di riportare la situazione a “prima” dell’invasione russa ma per fermarla e riconoscerla al punto in cui è ora arrivata grazie a bombe e carri armati, con cui continua a farsi strada Putin.

Ovviamente, dal ripudio della guerra e della violenza, subito e comunque, che arriva a teorizzare “il coraggio e la dignità della resa per la salvezza di altre vite umane”, emergono anche principi e testimonianze etici e pacifisti di grande valore dietro cui é possibile riconoscere la presenza preziosa di una cultura cattolica e la presa d’atto della sacralità della vita umana. Ma paradossalmente è proprio l’insieme di queste suggestioni a fare da sfondo al mescolarsi di convinzioni e ideologie di segno diverso e/ o perfino opposto sulle quali la storia della Russia, dal ’ 17 del secolo scorso, ha lasciato segni e tracce mai interamente rimosse.

L’exploit in Italia del “né … né”, piaccia o no ai suoi sostenitori, coincide con la presa d’atto che le ragioni del più forte sono insindacabili e definitive (il fondo strategico della pretesa di Putin e la ragione per cui continua ad aggredire territori che immagina diventeranno suoi), e racconta l’intreccio italiano tra le diffuse e diverse culture cattoliche e la deriva politica di chi in passato ha giudicato la Rivoluzione di Lenin del 1917 come all’inizio di un’era storica che avrebbe costruito l’uomo nuovo e una società a sua misura. Fatica a emergere in Italia che in realtà l’attuale deriva di Putin coincide, sia pure a scoppio ritardato, col fallimento del sogno dell’Ottobre rosso del ’ 17 di Lenin.

Curiosamente nel nostro Paese l’evidente conclusione tragica di una fase secolare iniziata con gigantesche speranze non ha trovato spazio né alcuna riflessione tra gli intellettuali italiani forse convinti che la fine di quella storia appartenga all’ 89. Eppure al di là delle argomentazioni spesso forzate che circolano, è innegabile che le bombe contro gli ucraini abbiano irrevocabilmente chiuso quel ciclo oggi, in questo terribile 2022, e non nell’ 89 del secolo passato, quando Putin aveva già 37 anni, ed era parte consapevole di quel mondo.

L’ultimo secolo (o poco più) di storia è stato vissuto in Russia per sette decimi dentro il sol dell’avvenire, ma ha lasciato sul terreno uomini, valori, convincimenti e culture di una comunità ora dominata da Putin, che si entusiasma all’idea di poter aggredire e sottomettere un Paese confinante sparando su mucchi di civili donne, vecchi e bambini compresi. Questo groviglio diventa particolarmente complesso in Italia dove un cattolicesimo molto articolato s’è mescolato con la realtà del più forte partito comunista dell’Europa democratica, anch’esso, come il movimento cattolico, con grandi differenze al proprio interno.

Le culture cattoliche e comuniste hanno fornito una vera e propria rete di salvataggio ai variegati e molteplici spezzoni del “né … né”. Su quella rete si sono schierate le potenti aggregazioni dell’atlantismo insieme al mainstream nostrano che non sopporta America e yankee. L’estremismo parolaio di sinistra e quello di una destra all’eterna ricerca di nuove avventure. Gli amici di Putin perché la Russia è sempre la Russia di un sogno antico ma anche quelli che grazie a Putin hanno fatto affari o sono diventati esponenti importanti di qualche nomenclatura politica e/ o affaristica. E dentro il “né … né” s’è installata inevitabilmente la gigantesca galassia dell’opportunismo nostrano all’eterna ricerca di un posto al sole ancor prima che per il Belpaese per la propria famiglia.