«Le decisioni della Corte costituzionale nei giudizi di ammissibilità hanno escluso dal voto i referendum di gran lunga più popolari per i temi trattati (eutanasia, droghe leggere, responsabilità dei magistrati), con ovvie conseguenze in ordine alla difficoltà, già constatata nelle precedenti occasioni elettorali, di raggiungimento del quorum del 51% dei votanti. I referendum residui convocheranno il corpo elettorale ad esprimersi su temi che, nel complesso, si iscrivono nella tradizione delle idee liberali della giustizia penale, pur con rilevanza ed importanza tra loro diverse». A rilevarlo è la giunta dell’Unione delle Camere penali, in una nota sui referendum in materia di giustizia.

Il quesito sulla custodia cautelare

In particolare, a giudizio dei penalisti «la proposta di riforma delle norme sulla custodia cautelare esprime opportunamente la forte risposta all’abuso di un istituto diffusamente utilizzato, nelle quotidianità della nostra vita giudiziaria, in spregio dei principi costituzionali che sanciscono la eccezionalità della privazione della libertà personale prima di una sentenza di condanna». È poi «meritevole di sostegno il tema della separazione delle funzioni magistratuali, il cui referendum si propone di impedire che possano esservi passaggi, in particolare, dalla funzione requirente a quella giudicante, obiettivo in parte già raggiunto, ma ancora in modo insufficiente, sin dalla riforma Castelli». Ma, avverte l’Ucpi, «è indispensabile che il dibattito su questo pur significativo tema non venga surrettiziamente confuso per ciò che non è e non può essere, vale a dire il diverso tema della separazione delle carriere, che presuppone riforme di rango costituzionale volte a prevedere concorsi separati, consigli superiori della magistratura separati, formazione professionale separata, rappresentanza associativa separata. Diciamo sin d’ora con chiarezza che, quale che potrà essere l’esito di questo referendum, esso non sarà in alcun modo riferibile al tema della separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero».

I penalisti italiani sulla Legge Severino

«Le norme della legge Severino che incidono sul diritto di elettorato passivo già solo in presenza di una sentenza di condanna non definitiva ci appaiono insanabilmente in contrasto con il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza, e merita dunque il nostro sostegno l’intento di abrogarle». Infine, concludono i penalisti, «il referendum sulla partecipazione degli avvocati nei Consigli Giudiziari con diritto di voto sposa una antica battaglia di Ucpi, anche se essa appare ad oggi già sostanzialmente recepita dalla legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. Di nessun rilievo ed interesse ci appare invece il quesito sull’abolizione del numero minimo di firme per la presentazione delle candidature al Csm».