Timore, imprevedibilità, arbitrio. Sono le tre parole più vibranti che il capo dello Stato ha pronunciato ieri l’altro nel suo discorso di insediamento al Parlamento. Parole che Mattarella ha dedicato alla giustizia. Perché è quello il cuore della questione: la giustizia. Sono infatti lì, nelle nostre aule, nelle procure e nei nostri tribunali i nodi più ostinati e resistenti che devono necessariamente essere sciolti. Di certo non vogliamo autoassegnarci il ruolo di esegeti del suo discorso, ma è un fatto che il presidente Mattarella in questi anni ci abbia abituati alla sobrietà, al rispetto sacrale delle istituzioni e dunque non dubitiamo che ogni singola parola sia stata pesata con grande cura e attenzione. Nulla di ciò che ha detto è dunque casuale. Mattarella è sempre consapevole di parlare da capo dello Stato e, quando nomina la giustizia, da presidente del Csm. Ma c’è un altro dato che va messo in luce. È infatti la prima volta che un presidente della repubblica nomina l’avvocatura nel suo discorso di insediamento: “La Magistratura e l’Avvocatura - ha infatti detto Mattarella di fronte alle Camere riunite - sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei”. E anche questo riferimento non è affatto casuale: è un implicito e importantissimo riconoscimento che arriva dalla carica più alta dello Stato che sottolinea il ruolo fondamentale dell'avvocatura nell’equilibrio istituzionale. Lasciatecelo dire: quel riferimento è una “medaglia al valore” che ogni avvocato potrà esibire nelle nostre aule. E chissà che anche questo giornale, nel suo piccolo, abbia contribuito a rovesciare la narrazione grottesca di una avvocatura considerata dalla parte sbagliata della giustizia invece che paladina del diritto e dei diritti. Grazie anche per questo, presidente Mattarella.