Sto con Pittelli anche se ha rappresentato il potere che oggi lo divora
Con Pittelli saranno particolarmente duri perché si è permesso di reagire alla lunga prigionia, scrivendo qualche lettera ai giornali e mandando una “supplica” alla ministra Carfagna
L’avvocato Giancarlo Pittelli da oltre due anni si trova rinchiuso nelle patrie galere e da qualche settimana rifiuta il cibo per protesta contro una detenzione da Lui ritenuta ingiusta e lesiva delle garanzie costituzionali. Ovviamente non so se Pittelli sia colpevole o innocente. Nessuno lo può sapere se non dopo un giusto processo ed una sentenza definitiva. Quello in corso non sembra un processo giusto.
Nasce da un discutibile blitz con un mezzo migliaio di arrestati, che hanno impegnato tremila carabinieri ed ingenti risorse e procede dando la netta sensazione di essere egemonizzato dal ruolo soverchiante della Procura di Catanzaro che gode di un particolare sostegno da parte della grande stampa.
Nella strategia della Procura, Pittelli è un tassello fondamentale. Senza l’avvocato di Catanzaro il processo sarebbe privo dell’ingrediente “piccante” che tanto piace a gran parte della stampa ed ai tanti cittadini alla spasmodica e costante ricerca di un colpevole che faccia “giustizia” in loro nome. A nessuno interesserebbe più di tanto un processo all’oscura cosca Mancuso. Pittelli è la dimensione “politico- massonica” del processo presentata in maniera tale da calamitare l’odio popolare verso la “casta” che, in Calabria, è particolarmente odiata. E non senza una qualche ragione.
Umiliare Pittelli, tenerlo prigioniero a proprio piacimento e senza un giustificato motivo, significa non solo umiliare una classe politica che in gran parte è particolarmente scadente e priva di dignità e coraggio ma vincere la partita fondamentale su chi comanda veramente in Calabria. Quindi, è più che lecito pensare che con Pittelli saranno particolarmente duri e non perché abbia mai fatto uso di violenza o rappresenti un pericolo per la società ma perché si è permesso di reagire alla lunga prigionia, scrivendo qualche lettera ai giornali e mandando una “supplica” piena di disperazione alla ministra Mara Carfagna ed ha iniziato uno sciopero della fame “sino all’estreme conseguenze”. Comportamento inaccettabile da parte di chi comanda e pretende dai “vinti” una resa senza condizioni.
Una resa incondizionata che, salvo qualche sacca di residua “resistenza”, hanno già ottenuto. C’è da dire che i tanti “Pittelli” che hanno rappresentato la Calabria in Parlamento hanno fatto poco o nulla in difesa dello Stato di diritto ed ancor meno per mettersi in ascolto del grido di dolore che si alza dalle galere calabresi. Si sono illusi di essere intoccabili in quanto sacerdoti del potere. Ed oggi, proprio come il cancro, quel potere di cui sono stati custodi, mangia Pittelli (che è stato uno di loro) per potersi legittimarsi ed espandersi. Molti di coloro che in questi giorni stanno firmando con convinzione un documento di solidarietà a Pittelli hanno avversato il potere che è stato anche “suo” e la politica che ha rappresentato. Oggi però hanno dinanzi agli occhi il corpo di un uomo straziato dal carcere e che, proprio per questo, diventa un simbolo per una disperata resistenza.
Sto con Pittelli anche se ha rappresentato il potere che oggi lo divora
L’avvocato Giancarlo Pittelli da oltre due anni si trova rinchiuso nelle patrie galere e da qualche settimana rifiuta il cibo per protesta contro una detenzione da Lui ritenuta ingiusta e lesiva delle garanzie costituzionali. Ovviamente non so se Pittelli sia colpevole o innocente. Nessuno lo può sapere se non dopo un giusto processo ed una sentenza definitiva. Quello in corso non sembra un processo giusto.
Nasce da un discutibile blitz con un mezzo migliaio di arrestati, che hanno impegnato tremila carabinieri ed ingenti risorse e procede dando la netta sensazione di essere egemonizzato dal ruolo soverchiante della Procura di Catanzaro che gode di un particolare sostegno da parte della grande stampa.
Nella strategia della Procura, Pittelli è un tassello fondamentale. Senza l’avvocato di Catanzaro il processo sarebbe privo dell’ingrediente “piccante” che tanto piace a gran parte della stampa ed ai tanti cittadini alla spasmodica e costante ricerca di un colpevole che faccia “giustizia” in loro nome. A nessuno interesserebbe più di tanto un processo all’oscura cosca Mancuso. Pittelli è la dimensione “politico- massonica” del processo presentata in maniera tale da calamitare l’odio popolare verso la “casta” che, in Calabria, è particolarmente odiata. E non senza una qualche ragione.
Umiliare Pittelli, tenerlo prigioniero a proprio piacimento e senza un giustificato motivo, significa non solo umiliare una classe politica che in gran parte è particolarmente scadente e priva di dignità e coraggio ma vincere la partita fondamentale su chi comanda veramente in Calabria. Quindi, è più che lecito pensare che con Pittelli saranno particolarmente duri e non perché abbia mai fatto uso di violenza o rappresenti un pericolo per la società ma perché si è permesso di reagire alla lunga prigionia, scrivendo qualche lettera ai giornali e mandando una “supplica” piena di disperazione alla ministra Mara Carfagna ed ha iniziato uno sciopero della fame “sino all’estreme conseguenze”. Comportamento inaccettabile da parte di chi comanda e pretende dai “vinti” una resa senza condizioni.
Una resa incondizionata che, salvo qualche sacca di residua “resistenza”, hanno già ottenuto. C’è da dire che i tanti “Pittelli” che hanno rappresentato la Calabria in Parlamento hanno fatto poco o nulla in difesa dello Stato di diritto ed ancor meno per mettersi in ascolto del grido di dolore che si alza dalle galere calabresi. Si sono illusi di essere intoccabili in quanto sacerdoti del potere. Ed oggi, proprio come il cancro, quel potere di cui sono stati custodi, mangia Pittelli (che è stato uno di loro) per potersi legittimarsi ed espandersi. Molti di coloro che in questi giorni stanno firmando con convinzione un documento di solidarietà a Pittelli hanno avversato il potere che è stato anche “suo” e la politica che ha rappresentato. Oggi però hanno dinanzi agli occhi il corpo di un uomo straziato dal carcere e che, proprio per questo, diventa un simbolo per una disperata resistenza.
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