Per l'ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Cesare Mirabelli, l'organo di autogoverno delle toghe, diventando più oggettivo nella scelta dei candidati per ruoli direttivi e semi-direttivi, avrebbe creato le condizioni per facilitare i ricorsi di chi esce sconfitto. E' quanto ha dichiarato in un'intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica", fondato da Eugenio Scalfari. La chiacchierata con il giornale romano parte dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha annullato le nomine di Pietro Curzio e Margherita Cassano. «Il fatto che si verifichi sempre più spesso che le decisioni del Csm sulle nomine per gli uffici direttivi vengano annullate dalla giustizia amministrativa pone certamente un problema di cattivo funzionamento delle istituzioni che rischia di incidere sul potere di nomina che la Costituzione attribuisce senza dubbio al Csm» dichiara Cesare Mirabelli, che aggiunge: «Il Csm può sempre motivare meglio la sua scelta superando il vizio di motivazione rilevato dal Cds». Il cronista ricorda anche il caso Prestipino e l'ex numero due del Csm, si esprime così. «Esiste un potere indiscusso del Csm scritto nella Costituzione, ma al contempo c'è anche il diritto, anche questo costituzionale, di agire in giudizio per tutelare l'interesse di ciascun concorrente. Ma il Csm ha, a sua volta, una responsabilità....». E quale sarebbe? «Quella di aver fortemente auto limitato la propria discrezionalità nelle promozioni stabilendo in maniera molto dettagliata criteri di valutazione eccessivamente analitici e più stringenti rispetto a quelli previsti dalla legge». Secondo Mirabelli, quindi, il Csm si sarebbe messo da solo il cappio al collo. «Per essere il più oggettivo possibile nelle sue scelte, il Csm ha creato le condizioni che poi facilitano ricorsi e contestazioni. Un luminare del diritto, nonché grande avvocato, come Giuseppe Guarino ricordava sempre che nei giudizi amministrativi si pratica la caccia all'errore ed è ovvio che con criteri così analitici nelle nomine è facile che si manifestino vizi anche solo formali». Per riacquisire credibilità «la legge dovrebbe garantire un recupero di autorevolezza del Csm, ma al contempo ridare allo stesso Csm una maggiore discrezionalità. Si tenga conto che l'ordinamento giudiziario, quanto ai criteri di nomina, parla solo di anzianità, attitudini e merito».