La casa circondariale di Palermo “Pagliarelli” era finita sotto i riflettori per una protesta dei detenuti che, battendo le stoviglie sulle sbarre e imboccandosi in uno sciopero della fame, hanno denunciato un inasprimento delle condizioni di detenzione. A sollevare il caso in Parlamento è stato l’onorevole Roberto Giachetti di Italia Viva, con un’interrogazione indirizzata al ministro della Giustizia. La risposta del guardasigilli Nordio, oltre a motivare certe scelte come misure di sicurezza, contiene ammissioni non banali: insufficienze strutturali, disservizi sanitari, acqua calda mancante durante l’inverno e un’impostazione del rapporto con le famiglie che stenta a fare un passo avanti.

Come detto, la vicenda nasce da una protesta dei detenuti della Casa circondariale di Palermo-Pagliarelli, scoppiata in seguito a una circolare del provveditore regionale che ha inasprito drasticamente le condizioni di detenzione. I detenuti hanno battuto le stoviglie sulle sbarre mattina e sera per oltre una settimana, arrivando persino a iniziare uno sciopero della fame. Un segnale di disperazione che ha fatto emergere problematiche strutturali profonde. La circolare in questione - la numero 1 del 2024 - ha introdotto severe restrizioni sui pacchi alimentari che le famiglie possono portare ai propri congiunti detenuti. Tra i divieti più contestati: salumi, farine, lieviti, crostacei e persino dentifrici. Una misura che ha colpito duramente una popolazione carceraria già provata da condizioni di vita precarie.

Le ammissioni del Ministro

Nella sua risposta, il ministro della giustizia compie alcune ammissioni significative, seppur con giustificazioni tecniche. La prima riguarda la necessità stessa della circolare: l'Amministrazione penitenziaria riconosce implicitamente che la situazione negli istituti siciliani era fuori controllo, tanto da richiedere una "costante analisi degli eventi critici occorsi nei vari istituti della Regione". Particolarmente rivelatore è il passaggio in cui il ministro ammette che la circolare si è resa necessaria per "salvaguardare le necessarie condizioni di ordine e sicurezza nella gestione della vita detentiva". Questa formulazione lascia intendere che tali condizioni erano precedentemente compromesse, confermando indirettamente le criticità denunciate da Giachetti.

Sul tema dell'acqua calda, il ministro non può negare l'evidenza e ammette esplicitamente che "tale problematica si riscontra all'interno dei Reparti Mari, Venti e Pianeti". Una confessione che conferma le denunce sui disagi igienico-sanitari subiti dai detenuti. La giustificazione fornita - che l'acqua calda è presente nei reparti Laghi e Monti - suona più come una parziale attenuante che come una soluzione al problema. La spiegazione tecnica fornita dal ministro rivela inoltre un altro aspetto critico: l'istituto, progettato negli anni '90 per 600 detenuti, ha subito un ampliamento nel 2014 che ha portato la capienza a 904 posti. Questa espansione, evidentemente, non è stata accompagnata da un adeguamento proporzionale degli impianti, generando i problemi attuali.

Sui ritardi delle visite sanitarie, la linea ufficiale designa al Servizio sanitario regionale ogni responsabilità. Il ministero sottolinea che medici di reparto e guardia operano 24 ore su 24, con un triage gestito dagli infermieri, e che le prestazioni esterne avvengono secondo i tempi del Cup di Asp6 di Palermo, identici a quelli dei cittadini liberi. Tuttavia, l'ammissione che "si è in attesa che l'A.S.P. di Palermo, come richiesto più volte, preveda una prenotazione dedicata agli istituti penitenziari" conferma indirettamente che i detenuti subiscono una evidente carenza di assistenza.

La questione dei pacchi alimentari tocca un nervo scoperto del sistema. Il ministro cerca di giustificare le restrizioni con motivazioni di sicurezza, ma le sue stesse parole rivelano la durezza della misura. Quando afferma che "resta sempre possibile l'ingresso di generi alimentari da parte dei rispettivi familiari", la formulazione condizionale ("ogni qualvolta si tratti di alimenti che possano essere opportunamente controllati") svela l'estensione delle limitazioni imposte. La risposta ministeriale è attraversata da contraddizioni evidenti. Da un lato si parla di "garantire il diritto dei detenuti ad un'alimentazione sana", dall'altro si vietano alimenti di base come farine e lieviti. Da si richiama il principio della sicurezza, dall'altro si ammette che problemi strutturali come l'acqua calda non sono risolti in gran parte dell'istituto.

Particolarmente significativa è l'ammissione che il 40% dei detenuti proviene da fuori Palermo, una percentuale che rende i pacchi familiari ancora più preziosi per mantenere i legami affettivi. La circolare colpisce quindi una popolazione già vulnerabile per la lontananza dai propri cari. Un aspetto particolarmente grave emerso dall'interrogazione riguarda l'iniziale mancanza di accesso del Garante regionale Santi Consolo al testo della circolare. Il ministro ammette che solo il 4 febbraio 2025, quindi il giorno in cui protestò il garante regionale, il Provveditorato ha inoltrato la circolare all'Ufficio di Consolo.

Il ministro ricorda che l’ordinamento penitenziario e le norme europee impongono condizioni di vita il più possibile vicine alla società libera, cure sanitarie adeguate e rapporti familiari protetti. Ma, nei fatti, mancano investimenti concreti e tempi certi. Ammettere che parte del carcere resta “di ghiaccio” (termine usato da Giachetti relativo alle carenze durante il periodo invernale), che i tempi delle visite sono quelli del Cup e che non esiste ancora un provvedimento nazionale per evitare difformità di trattamento è concedere che il sistema penitenziario nostrano viaggia a mezzo servizio. La risposta del ministro all'interrogazione di Giachetti, pur tentando di giustificare le politiche adottate, finisce per confermare molte delle criticità denunciate. Le ammissioni contenute nel documento rivelano un sistema penitenziario in difficoltà, dove misure emergenziali e restrittive vengono adottate per far fronte a problemi strutturali irrisolti.

L’interrogazione di Giachetti ha fatto emergere non solo la tensione dei detenuti, ma la distanza fra regole scritte e realtà pratica. Le misure di sicurezza sono necessarie, ma non possono mai cancellare i diritti fondamentali: un pasto dignitoso, condizioni igieniche accettabili, accesso alle cure, relazioni familiari. Le ammissioni del ministero mostrano un quadro frammentato, con promesse di lavori e circolari già approvate ma non ancora attuate. Ora serve un cronoprogramma preciso, risorse e responsabilità chiare: come è ben noto la protesta in Pagliarelli non è un’eccezione isolata visto notizie di tensioni attuali, ma è il termometro del disagio che serpeggia in molte carceri del Bel Paese.