«Una sofisticata predatrice di minorenni», giovani ragazze vulnerabili adescate e addestrate per soddisfare i desideri sessuali del partner e dei suoi amici. Festini ai quali spesso non disdegnava di partecipare. Il processo contro Ghislaine Maxwell, l'ex fidanzata di Jeffrey Epstein, è alle battute finali e l'accusa ribadisce la sua colpevolezza. Sulla 59enne inglese gravano ben sei capi di accusa, tra cui sfruttamento della prostituzione minorile e abusi sessuali perpetrati su minori. Tutte vicende che risalgono al periodo tra il 1994 e il 2004. Se condannata la donna rischia fino a 70 anni di carcere. Ormai l'ora della verità è vicina, con la giuria che nelle prossime ore, riunita in camera di consiglio, sarà chiamata a decidere sul verdetto. Nell'aula del tribunale federale di Manhattan il clima è teso. Oltre all'imputata sono presenti i quattro fratelli Kevin, Isabel, Ian e Christine che mai l'hanno abbandonata, in un gioco di sguardi che tradisce l'ansia della drammatica attesa. L'accusa non ha dubbi: Ghislaine «sapeva bene quel che stava facendo», ha affermato il pubblico ministero nella sua arringa finale, ripercorrendo le tre settimane di dibattimento e la passerella di ben 12 testimoni. Per il pm la donna - figlia dell'editore britannico Robert Maxwell proprietario del Daily Mirror e morto misteriosamente nel 1991 - era di fatto «il braccio destro di Epstein» e svolgeva il ruolo chiave nell'organizzazione criminale del finanziere pedofilo: «Attirava le giovani ragazze in una trappola», prima creando un clima di confidenza e di intimità, poi con regali costosi ed elargizioni di denaro. «Si partiva dai massaggi e poi, con un'escalation, si cercava di normalizzare gli abusi sessuali». Protagonista dell'arringa finale dell'accusa anche il famigerato «libretto nero» considerato una prova schiacciante del giro criminale di Epstein. Quello in cui sarebbero contenuti i nomi dei vip coinvolti nelle vicende del finanziere, e l'agendina in cui Ghislaine appuntava i numeri delle ragazze "arruolate" è sotto la voce «massaggi». E accanto a molte di loro anche la scritta «padre», «madre» oppure «genitori», a dimostrazione della giovane età: «Ricorrete al vostro buon senso - ha detto il procuratore - quando si chiama una massaggiatrice professionista non credo ci sia bisogno di fare riferimento al papà o alla mamma». «Ghislaine Maxwell non è Jeffrey Epstein: è solo una donna innocente accusata erroneamente di crimini che non ha commesso», l'ultimo disperato tentativo della difesa, che ha tentato ancora una volta di dissociare la donna dalla figura del finanziere pedofilo morto suicida in carcere, mettendo nuovamente in dubbio la testimonianza delle accusatrici. «I loro ricordi sono stati manipolati». Ma alla giuria è stato mostrato un nuovo video che riprende gli agenti, con tanto di pistola in pugno, che nel 2005 compirono un raid nella villa di Epstein a Palm Beach, in Florida. E le immagini, a prova dell'intimità tra il finanziere e Ghislaine, mostrano foto dei due che insieme nuotano nudi in piscina e immagini osè della Maxwell esposte in alcune delle stanze. Inoltre pesano come macigni le carte che dimostrerebbero come la donna per i suoi servizi abbia ricevuto da Epstein almeno 30,7 milioni di dollari tra il 1999 e il 2007.