L’applicazione della legge sulla presunzione d’innocenza voluta dal ministro della Giustizia Marta Cartabia sta cambiando le modalità di comunicazione delle notizie di cronaca nera e giudiziaria. Diversi procuratori hanno già scritto o lo stanno facendo documenti rivolti a cronisti e forze dell’ordine in cui rendono concreto il principio chiave della norma entrata in vigore il 14 dicembre, quello di monopolizzare il potere di divulgare le informazioni sui procedimenti penali nelle mani del capo dell’ufficio inquirente. La svolta ha determinato malumori tra i giornalisti, che si sentono limitati nel diritto di cronaca, e interpretazioni, anche molto diverse tra loro, della legge.

Presunzione d’innocenza: qui Como

I carabinieri di Como hanno riferito ai giornalisti che il procuratore locale, Nicola Piacente, gli ha comunicato che «d’ora in avanti ogni comunicazione fatta da noi a voi dovrà necessariamente avere il preventivo assenso dell’autorità giudiziaria che verrà concesso in presenza di due requisiti: che il soggetto interessato è da ritenersi innocente sino a intervenuta sentenza; che vi sia un pubblico interesse a diffondere la notizia stampa». Così sta succedendo in altre realtà lombarde in cui non vengono più dati i nomi degli arrestati che, secondo la legge, possono essere resi noti solo quando sia necessario per garantire un’effettiva completezza dell’informazione, e notizie che prima in autonomia le forze dell’ordine ritenevano meritevoli di essere diffuse ora vengono "bloccate" dai procuratori. Dura la presa di posizione del Gruppo Cronisti lombardi: «Dobbiamo sottolineare come la restrizione in capo a pochi soggetti di cosa sia possibile raccontare rischia di determinare una "selezione a monte" delle notizie, cioè che vengano fatte filtrare solo quelle favorevoli o di interesse agli organi inquirenti, producendo così una distorsione della narrazione del Paese». Tra le altre cose si lamenta il fatto che le notizie vengano diffuse in modo non più tempestivo perchè bisogna attendere che il sostituto procuratore le comunichi al capo della Procura che a sua volta deve effettuare una sua valutazione. Una serie di passaggi che provocherebbe ritardi di ore nella comunicazione di un fatto.

Presunzione d'innocenza: cosa succede da Palermo a Cagliari

A Palermo, c’è stata una repentina retromarcia dopo una prima interpretazione molto restrittiva della legge in cui non venivano più dati i nomi delle persone arrestate. I comunicati della Questura del capoluogo siciliano, ma è solo un esempio perchè in tutte le città sono dello stesso tenore dall’entrata in vigore della legge, iniziano con la formula: «Giova precisare che gli odierni indagati sono, allo stato, indiziati in merito al reato contestato e che la loro posizione sarà definitiva solo dopo l’emissione di una, eventuale, sentenza passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale dell’innocenza». A Taranto, due giorni fa i carabinieri hanno arrestato un uomo che aveva violato il divieto di avvicinamento ai genitori per due volte in tre giorni perchè li picchiava. È stato fermato in flagranza di reato ma nel comunicato le forze dell’ordine hanno parlato di «presunta violazione del divieto di avvicinamento». A Cagliari, il modello prefigurato dalla nuova legge era già stata introdotto un anno e mezzo fa dall’ex procuratrice Alessandra Pelagatti la quale, dopo una fuga di notizia giudicata grave, aveva accentrato il potere di comunicare le informazioni nelle mani del capo dell’ufficio. Per il procuratore di Napoli Giovanni Melillo la legge è molto buona in ottica garantista. «È un passaggio di grande valore culturale ed etico, che tutti dovrebbero accompagnare nella sua pratica realizzazione con consapevolezza e ancor più grande responsabilità» ha dichiarato al ’Fogliò.

Presunzione d’innocenza, Milano e Roma in standby

A Milano e a Roma la Procure non hanno ancora espresso una posizione scritta. Dalla capitale, fanno sapere, si attende l’insediamento del nuovo capo, mentre il facente funzione a Milano, Riccardo Targetti, sta preparando un documento. Il giudice Fabio Roia, presidente della sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano, affida all’AGI una dichiarazione che sembra segnare una distanza rispetto all’orientamento introdotto da Cartabia: «Ritengo che il problema della tutela dell’immagine dell’indagato o imputato debba trovare una soluzione sul piano deontologico dei diversi agenti che trattano la notizia con una sincera assunzione di responsabilità e un eventuale controllo stringente degli organismi disciplinari. La stampa deve svolgere sempre una funzione di controllo sulla vita pubblica e le compete il compito di far capire le conseguenze giuridiche rispetto ai profili di opportunità quando si svolgono accertamenti nei confronti di tutte le persone». Il sindacato lombardo dei giornalisti parla di «impatto devastante» della riforma e pone la questione che la pubblicazione di notizie proveniente da fonti confidenziali rischi di «mettere "fuorilegge" il cronista che le ha diffuse».

La decisione di Raffaele Cantone

Emblematica la scelta del procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone il quale, dopo avere evidenziato la possibilità di fornire notizie, come previsto dalla norma, tramite un suo comunicato o con una conferenza stampa o quando lui lo ritenga opportuno e con «atto motivato», scrive di essere tuttavia «consapevole che norme così rigorose potranno limitare il diritto degli operatori dell’informazione all’accesso di notizie e, persino, per una non voluta eterogenesi dei fini, incentivare la ricerca di essere attraverso canali diversi, non ufficiali o persino non legittimi». Quindi annuncia un "rimedio" che segnerebbe un cambio radicale nel rapporto tra fonti e giornalisti: «Sarà prossimamente emanato un provvedimento per regolamentare l’accesso diretto dei giornalisti agli atti d’indagine non più coperti da segreto».

La procura di Paola e l'inchiesta su Massimo Ferrero

Stando alla riforma, il procuratore può convocare una conferenza stampa solo quanto giudichi la notizia di «pubblico interesse». Così non ha ritenuto di fare nei giorni scorsi Pierpaolo Bruni, il magistrato alla guida del Procura di Paola. Secondo la sua valutazione, non lo era la notizia dell’arresto del presidente della Sampdoria Massimo Ferrero che è stata diffusa da fonti investigative romane e non è stata poi approfondita da un incontro con la stampa nella città dove l’indagine è stata svolta. Alla richiesta di ulteriori dettagli sull’operazione, riferiscono i cronisti calabresi, ha opposto un diniego motivandolo con la lettura testuale della nuova normativa sui rapporti coi media.