Ci sarà battaglia, anche se i toni non sono da conflitto atomico. Sulla legge che dovrà riportare l’ergastolo ostativo nel perimetro della Costituzione, la commissione Giustizia della Camera resta divisa, e i 121 emendamenti depositati ieri (il termine era alle 18) lo confermano. Ci sono due linee di pensiero contrapposte. Da una parte uno schieramento garantista, più circoscritto del solito, composto essenzialmente da Forza Italia e Italia viva. Dall’altra un fronte intenzionato a rendere il più possibile rigidi i paletti per l’accesso degli ergastolani di mafia e terrorismo alla liberazione condizionale: ne fa parte il Movimento 5 Stelle e non ne è estraneo il Pd, che ha condiviso con i pentastellati alcune proposte di modifica (in tutto i dem ne hanno firmate 17). Dallo stesso lato della barricata si trova Fratelli d’Italia, pronta a rivedere il principio costituzionale per cui la pena ha un fine rieducativo. E la stessa Lega, al momento del voto, potrebbe voltare le spalle all’ala moderata. Resta dunque complicato il quadro della legge all’esame di Montecitorio, e che dovrebbe recepire l’invito della Corte costituzionale: scrivere norme in grado di introdurre senza traumi, nell’ordinamento penitenziario, l’accesso degli ergastolani ostativi al più importante dei benefici, la liberazione condizionale, anche in assenza di collaborazione con la giustizia. La Consulta ha dato tempo al Parlamento fino al 10 maggio 2022. E ha chiesto di tradurre un principio: la mancata collaborazione non può autorizzare una “presunzione assoluta” del persistente legame fra il condannato e la cosca, e non può dunque precludere sempre e comunque la liberazione. Se le Camere non rispondessero alla chiamata, nell’udienza fissata in primavera la Consulta potrebbe trovarsi costretta a tradurre i principi già espressi in una vera e propria sentenza demolitoria dell’articolo 4 bis. Eppure, arrivare a una legge non sarà facile. C’è un testo base: lo ha scritto il relatore Mario Perantoni, del Movimento 5 Stelle, che è anche presidente della commissione Giustizia. Ci sono però linee totalmente divergenti su come modificarlo. «Abbiamo depositato poco fa emendamenti che, innanzitutto, rimettono in equilibrio l’onere della prova», spiega Lucia Annibali, capogruppo di Italia Viva in commissione. «Secondo il teso base del presidente Perantoni, l’onere ricade in gran parte sull’allegazione documentale richiesta al condannato, mentre noi riformuliamo quel primo articolo in modo da ribadire che l’accertamento spetta al magistrato, e che lo stesso giudice deve acquisire in termini di ragionevole probabilità, e non di certezza, elementi tali da desumere l’assenza di legami fra il condannato e il contesto criminale». Annibali spiega che «non ha senso costruire la nuova legge come se dovesse rappresentare una reazione contraria alla pronuncia della Consulta: si deve andare nella direzione indicata dal giudice delle leggi. Ecco perché proponiamo di sfrondare il testo da formule troppo pesanti e, soprattutto, ripristiniamo una specifica fattispecie, la collaborazione inesigibile, cioè l’accesso alla liberazione consentito nel caso in cui il condannato non collabori perché non può fornire alcun elemento, ad esempio quando la cosca di cui faceva parte non esiste più». Una scelta «netta», come quella compiuta da Annibali anche con la proposta di «eliminare l’assolvimento integrale delle obbligazioni civili: è un’altra forzatura del testo base che, come tentai di segnalare in commissione, si tradurrebbe in un mero ostacolo procedurale. Chiediamo di far riferimento a condotte riparative in senso più ampio». Italia Viva non è sola. Troverà dalla propria parte Forza Italia, altro partito che, come spiega il deputato azzurro Pietro Pittalis, non intende «andare contro la direzione indicata dalla Corte costituzionale: sull’assenza di legami col contesto criminale di origine può essere prevista una ragionevole probabilità, non la certezza, espressione che genera una probatio diabolica. È il senso di alcuni dei nostri 19 emendamenti. Va evitata una sfida alla Consulta che, in assenza di una nostra legge, sarebbe costretta a conclusioni inevitabilmente più estreme di quelle che alcuni partiti pensano di poter aggirare». I pentastellati la guardano da un altro punto di vista. Perantoni fa notare di aver già «asciugato al massimo il testo base in modo da consentire a tutti di arricchirlo con proposte emendative». E secondo il deputato del Movimento Vittorio Ferraresi, «l’inversione dell’onere della prova, prevista nel nostro testo originario, è già stata superata». Poi conferma: «Abbiamo presentato un emendamento che attribuisce al Tribunale di Sorveglianza di Roma la competenza per giudicare le istanze degli ergastolani ostativi di mafia e terrorismo». È un aspetto sul quale il dem Carmelo Miceli confida di poter «trovare un’intesa, in modo che a giudicare siano i Tribunali periferici». Il deputato Pd segnala: «Tra le proposte condivise col Movimento c’è quella che distingue i reati associativi da quelli monosoggettivi, o che comunque non hanno il fine di rafforzare l’associazione criminale. Anche per i primi la presunzione negativa legata alla mancata collaborazione non è più assoluta, ma li si tratta in modo diverso». Difficile invece che il Pd possa aderire a emendamenti come quello di Annibali sulla collaborazione inesigibile. Ed è chiaro che, fra asse garantista e giallorossi, la distanza è totale su più di un passaggio. «Ma noi abbiamo il dovere di approvare una legge in tempo per l’udienza fissata a maggio dalla Consulta», dice Miceli. «Spero sia chiaro a tutti».