A metà febbraio la Corte costituzionale si pronuncerà sull'ammissibilità dei sei referendum sulla giustizia promossi dal partito Radicale e dalla Lega. Dalla Cassazione sono state mandate e sono arrivate oggi alla Consulta le relative ordinanze con cui i Consigli regionali governati dal centrodestra di Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto, sostengono la richiesta dei referendum.

Non solo referendum sulla giustizia, possibile pronuncia anche su cannabis ed eutanasia

La pronuncia dovrebbe esserci nella prima metà di febbraio e non è escluso che allora la Corte si possa anche esprimere sull'ammissibilità dei referendum sulla cannabis e sull'eutanasia, se intanto la Cassazione avrà completato positivamente il vaglio sulle firme raccolte. Diverse le questioni affrontate con i sei referendum sulla giustizia.

Referendum sulla giustizia, ecco quali sono i quesiti

Il primo riguarda l'elezione del Csm e mira ad abolire l'obbligo per il magistrato che si voglia candidare di raccogliere un numero determinato di firme, un vincolo che secondo i promotori favorisce il sistema delle correnti Il secondo è sulla responsabilità civile dei magistrati: si vuole introdurre quella diretta, con la possibilità per il cittadino colpito da accuse inesistenti o che finisce in carcere da innocente di chiamare in causa il magistrato che ha sbagliato . Il terzo attiene alle valutazioni di professionalità dei magistrati, oggi di competenza esclusiva del Csm e dei Consigli giudiziari, organismi territoriali in cui sono presenti anche avvocati e professori universitari ma senza diritto di voto: il quesito vuole riconoscere anche a loro la possibilità di partecipare attivamente alla valutazione dell'operato dei magistrati. Il quarto referendum vuole introdurre la separazione delle carriere tra giudici e pm: il magistrato dovrà scegliere all'inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Il quinto riguarda la carcerazione preventiva: vuole cancellare la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio di «reiterazione del medesimo reato», a meno che si tratti di reati di particolare gravità. Il sesto punta all'abolizione dell'automatismo dell'interdizione dai pubblici uffici in caso di condanna per alcuni reati previsto dalla legge Severino per restituire ai giudici la facoltà di decidere.