Termina oggi con la visita alla scuola Guglielmo Marconi a Manhattan e la conferenza alla New York University la visita della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, negli Stati Uniti. Un viaggio nel quale ha incontrato il suo omologo, Merrick Garland, ma anche il presidente della Corte Suprema, John Roberts. E chissà che questi scambi di conoscenza non siano solo l’antipasto per l’ex presidente della Corte costituzionale in vista di un eventuale futuro lontano da via Arenula, magari nelle prestigiose stanze di palazzo Chigi o del Quirinale.

Il meeting con il procuratore generale Garland in ogni caso è stato definito «molto cordiale» e la Guardasigilli, come riferisce una nota del ministero della Giustizia, «ha rappresentato il quadro delle riforme a cui sta lavorando». Tra cui quella del processo civile, il cui esame in Aula, come chiesto dalla commissione Giustizia, è stato anticipato dalla conferenza dei capigruppo di una settimana, dal 29 al 22 novembre. «Nella seduta di domani sera (stasera, ndr), dopo la fine dell'Aula, daremo il mandato al relatore chiudendo il nostro lavoro sul disegno di legge che riforma il processo civile», ha detto il pentastellato Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia alla Camera.

Cartabia e Garland si sono confrontati in modo particolare sui sistemi di monitoraggio della durata dei processi e sull’istituzione in Italia dell’ufficio per il processo, analogo all'esperienza dei clerk americani, ma hanno anche toccato vari dossier riguardanti la cooperazione giudiziaria tra Italia e Stati Uniti.

All’Attorney general la ministra ha poi rinnovato la richiesta di trasferimento in Italia di Chico Forti, perché possa continuare a scontare nel nostro paese la pena dell’ergastolo cui è stato condannato per omicidio e per cui è recluso in un carcere della Florida.

Già durante l’amministrazione Trump un viaggio negli Stati Uniti del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, provò a riportare in Italia Chico Forti, senza successo. Cartabia ha così cambiato strategia e fornito a Garland, autorità cui spetta la decisione finale sul caso previo assenso della Florida, i chiarimenti richiesti sul rispetto da parte italiana della convenzione di Strasburgo del 1983 che riguarda il trasferimento delle persone condannate. Proprio l’assenso della Florida è però uno dei problemi principali, visto che il tentativo di Di Maio andò a vuoto proprio per la contrarietà del governatore repubblicano Ron DeSantis.

Un ulteriore tentativo potrebbe essere fatto nell’incontro tra la ministra e il procuratore generale che dovrebbe avvenire a dicembre a Venezia, (Cartabia ha invitato ufficialmente il suo omologo) in occasione della conferenza dei ministri della Giustizia dei Paesi membri del Consiglio d’Europa, organizzata nel quadro della Presidenza italiana e che sarà dedicata al tema della giustizia riparativa.

«La giustizia è la spina dorsale del sistema istituzionale e della vita sociale ed economica», ha detto la ministra Cartabia incontrando il personale dell’Ambasciata italiana a Washington, mentre nell’incontro con gli imprenditori ha sottolineato che «è ora di cambiare», soprattutto a livello di «personale, mezzi, digitalizzazione, edifici, moduli organizzativi innovativi e sforzi normativi per raggiungere una svolta necessaria e tanto attesa».

Mentre in Italia si discute del presunto sostegno di Italia viva a un’eventuale candidatura al Quirinale di Silvio Berlusconi, con Matteo Renzi che bolla l’ipotesi con un «mi viene da ridere», e della proposta del dem Emanuele Fiano al centrosinistra di non presenziare nei primi tre voti per vedere se davvero il centrodestra è compatto sul Cavaliere, oltreoceano c’è chi ha iniziato a tessere la tela politico istituzionale in vista del futuro. Giusto per tenersi pronta. Poi chissà.