Come già annunciato due settimane fa da queste pagine, lo scontro all’interno della magistratura su quello che sarà il nuovo sistema elettorale del Csm prosegue e si fa sempre più aspro. Durante il Comitato direttivo centrale dell’Anm, che si è svolto nello scorso week end, non si è riusciti a esprimere una posizione unitaria e a votare un documento comune. Eppure sono passati cinque mesi da quando la Commissione Luciani ha reso nota la propria posizione che ora, comunque, dovrà essere modulata dalla ministra Cartabia. Lo scontro maggiore si è avuto tra Magistratura indipendente e AreaDg, ed è proseguito ieri a colpi di note stampa. Il paradosso è che entrambe si accusano a vicenda di sostenere sistemi elettorali che non eliminano il potere delle correnti e favoriscono il voto controllabile. La lettura complessiva di quanto accaduto nell’ultimo direttivo, ossia una «netta alzata di scudi contro il sistema Luciani», consente facilmente di capire, secondo la corrente di Eugenio Albamonte. «come MI, con il convergente supporto delle altre due rappresentanze (di A&I e Articolo 101, ndr), voglia sostanzialmente mantenere immutato il sistema elettorale vigente di tipo uninominale e maggioritario con voto singolo, operando una mera operazione di immagine, volta a sostituire il collegio unico nazionale con più collegi plurinominali, ma sempre di tipo maggioritario e caratterizzato da poche candidature espresse evidentemente dall’alto perché non scelte dagli elettori con il voto». AreaDg, ricorda una nota del coordinamento nazionale, «ha sempre ribadito che le storture evidenziate dalle vicende dell’Hotel Champagne e dal disvelamento di alcune conversazioni tra componenti del Csm fossero in parte determinate da un sistema elettorale che induce a presentare pochi candidati e quindi attribuisce una scarsa possibilità di scelta agli elettori, e consente l’espressione di un unico voto di preferenza, che diventa fortemente condizionabile dai meccanismi di appartenenza correntizia e controllabile ex post. Il sistema vigente, seguendo le indicazioni di MI, verrebbe perpetrato per il futuro attraverso una legge elettorale molto simile, che sostituisce soltanto il collegio unico nazionale con più collegi di medie dimensioni, ma di fatto riproduce su scala minore esattamente le stesse dinamiche. Riteniamo che questa posizione non sia accettabile e che vada contrastata con grande fermezza». Dall’altra parte MI accusa le toghe progressiste di essersi alleate con Unicost, avendo firmato la loro mozione a favore del voto singolo trasferibile: «Scelta che riproduce un’alleanza strategica - si legge in una nota del gruppo - che si propone ormai costantemente fino a convergere, guarda caso, su un sistema elettorale che ha, come unica prerogativa, quella di consentire proprio le alleanze e le “cordate” tra i gruppi associativi, amplificando il peso delle correnti e condizionando il voto con modalità ancor più controllabili delle attuali. Restiamo fermamente convinti che il sistema del voto singolo trasferibile, così come delineato dalla Commissione Luciani, purtroppo agevola la realizzazione di patologiche aggregazioni di interessi, invece di ostacolarle, e questa nostra convinzione è fondata su solidi argomenti». I togati guidati da Angelo Piraino concludono: «Il voto singolo trasferibile, purtroppo, non solo si presta alla creazione di solide cordate, ma può costituire addirittura strumento di controllo del voto, laddove sia applicato in un contesto di collegi di dimensione medio-piccola, come pure sembra intravedersi». Dibattito acceso che si verifica proprio nel momento in cui il vicepresidente del Csm David Ermini, che conosce il pensiero del vertice del Csm, ossia Sergio Mattarella, richiama nuovamente la magistratura a un passo in avanti sul piano etico, intervenendo al convegno ‘Il ruolo dei magistrati nel contrasto alle mafie’: «Non si può negare che i gravissimi fatti degli ultimi anni abbiano profondamente scosso e confuso l’opinione pubblica e gettato discredito sulla magistratura. Sarebbe però un errore esiziale derubricare quanto accaduto a incidente di percorso e non cogliere nello scandalo l’occasione di un riscatto della magistratura. Una rigenerazione che riguarda soprattutto gli ideali e i comportamenti quotidiani di ogni singolo magistrato, che devono essere improntati a riserbo, sobrietà, rigetto di protagonismi e lusinghe mediatiche. A un modello di magistratura indipendente ed estranea a logiche di potere e a interessi personali, votata al corretto esercizio della giurisdizione e al rispetto del ruolo che la Costituzione le assegna e capace di riscuotere la piena fiducia dei cittadini».