Siamo a ridosso delle Europee 2019. Matteo Salvini propone di limitare l’abuso d’ufficio. L’alleato Luigi Di Maio gli replica con un post facebook terribile: «È un reato in cui cade spesso chi amministra, è vero, ma se un sindaco agisce onestamente non ha nulla da temere. Più lavoro meno stronzate». Arriviamo al 20 ottobre 2021. Al Senato, nella congiunta Affari costituzionali-Giustizia, Andrea Ostellari annuncia l’incardinamento di una proposta che quasi abolirebbe la fattispecie incubo dei sindaci. Al testo leghista sono abbinati uno del Pd, firmato da Andrea Parrini, e un altro, udite udite, del Movimento 5 Stelle, ad opera del parlamentare siciliano Vincenzo Santangelo. Cosa è successo, tra lo “stop bullshit” di Luigi Di Maio e la svolta di Palazzo Madama? Che tante altre piccole gocce hanno fatto traboccare un vaso già al limite. L’abuso d’ufficio continua a spaventare gli amministratori locali, i sindaci innanzitutto, nonostante la sforbiciata inflitta alla norma dal decreto Semplificazioni del 2020, quando a Palazzo Chigi c’era ancora Giuseppe Conte. Nel frattempo, tra le tante assoluzioni tardive maturate anche grazie alla modifica, una ha riguardato per esempio Mario Puddu, sindaco cinquestelle di un comune sardo, Assemini. Era accusato per aver conferito nel 2015 un incarico dirigenziale. La Procura di Cagliari si muove innescata da tre consigliere comunali fuoriuscite dal Movimento, e inevitabilmente agguerritissime. Puddu, come altri, esce indenne dal travaglio processuale a troppi anni di distanza dal fatto, e solo in Corte d’appello: la sentenza liberatoria arriva lo scorso 25 marzo. Una vicenda che ha segnato in modo pesante la politica pentastellata dell’Isola: il sindaco di Assemini era candidato governatore in pectore del Movimento. L’indagine fulminò persino la benedizione di Beppe Grillo.La storia dell’abuso d’ufficio e delle ferite lasciate sulla politica è lunga. Come i tentativi di modifica che la norma ha conosciuto dopo il 1930, quando fu prevista per la prima volta nel Codice Rocco. Si provò a cambiarla nel 1990, nel 1997, poi nel 2012, con inasprimenti, all’interno della legge Severino. Fino all’estate dell’anno scorso e del Conte 2. Che però non ha scongiurato vicende incredibili, come l’indagine sulla sindaca di Crema Stefania Bonaldi, accusata nel giugno scorso di abuso d’ufficio perché tre mesi prima un bambino si era chiuso due dita in una porta tagliafuoco dell’asilo comunale. Ecco, il caso Bonaldi è forse un primo innesco della “rivolta” che ora sembra animare Palazzo Madama. Pochi giorni dopo la notizia diffusa dalla prima cittadina lombarda, un migliaio di sindaci manifestarono davanti a Palazzo Chigi per chiedere di intervenire ancora sul reato-incubo. A venerdì scorso risale l’appello di Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale Anci, che chiede di liberare gli amministratori locali dalla morsa delle Procure. Forse il colpo di reni si spiega anche con il mutato rapporto fra politica e magistratura, che trent’anni dopo Mani pulite è destinato a incidere anche sulla imminente riforma del Csm. A breve conosceremo la decisione della Consulta relativa a una nuova questione di legittimità sollevata da alcuni Tribunali sulla sospensione prevista per i politici locali in virtù di condanne non definitive: mercoledì scorso si è riunita la Camera di consiglio dei giudici costituzionali, in perfetta coincidenza con la seduta al Senato che ha avviato l’iter della nuova legge.La paura della firma è trasversale da tutti i punti di vista. Le condanne per abuso d’ufficio hanno colpito protagonisti assoluti della scena politica e amministratori di piccoli centri. Nel febbraio 2016 il presidente della Campania Enzo De Luca ottenne in Corte d’appello l’assoluzione dalle accuse di abuso d’ufficio nel processo per la realizzazione di un termovalorizzatore a Salerno. La Procura generale aveva chiesto 11 anni di carcere. Altri governatori sono usciti più o meno faticosamente indenni da processi simili: il pugliese Nichi Vendola se la cavò con un proscioglimento del gip in abbreviato, ottobre 2012, ma l’ex presidente del Molise Michele Iorio venne assolto nel 2018 solo in Cassazione. Si potrebbero cogliere tanti altri esempi, fra le migliaia di inchieste per abuso d’ufficio che ogni anno finiscono al macero tra proscioglimenti, archiviazioni e prescrizioni: secondo dati Istat del 2018, la montagna di oltre 7.000 indagini partorì solo quell’anno il topolino di sole 57 condanne. In un altro piccolo comune, stavolta siciliano, Rosolini, il 12 ottobre sorso la ex presidente dell’Assemblea cittadina Maria Concetta Iemmolo è stata assolta dalle accuse nate da una presunta forzatura su un ordine del giorno del 2013. Otto anni dopo. Magari non avrebbe avuto la carriera di De Luca o di Vendola. Ma ha dovuto comunque penare per veder riconosciuta la propria innocenza. E nemmeno per la sanatoria nel frattempo assicurata dal Dl Semplificazioni. “Il fatto non sussiste”, ha sancito il Tribunale di Siracusa. Si può fare l’amministratore pubblico con una prospettiva del genere?