L’alleanza giallo-rossa, per ora, si aggrappa ai successi di Napoli e Bologna, dove insieme Pd e Movimento 5 Stelle hanno portato a casa la vittoria direttamente al primo turno. Certo, soprattutto nel capoluogo emiliano, il contributo offerto al trionfo del candidato sindaco non è paragonabile, coi dem oltre il 36 per cento e i pentastellati fermi al 3,5 (dati provvisori). Ma per essere la prima prova generale dell’alleanza strutturale è già qualcosa. Anche perché a Napoli il rapporto di forze è molto meno squilibrato. «Avevo detto che ci avrei messo la faccia e sono qui. Questo è il momento della semina per il M5S, siamo all’inizio di un nuovo corso» , commenta a caldo il presidente grillino Giuseppe Conte, provando a guardare il bicchiere mezzo pieno della giornata elettorale che in realtà ha incoronato Enrico Letta, il segretario del Pd, come il nuovo dominus dell’alleanza e ridimensionato una volta per tutte il grillismo.

Le parole di Enrico Letta

«Abbiamo ottenuto una grande vittoria che ci dà una grande responsabilità, una responsabilità storica. Dobbiamo gestire al meglio il consenso e la fiducia che gli italiani hanno deciso di darci», dice il numero uno del Nazareno e neo deputato, avendo battuto ogni concorrenza alle elzioni suplletive di Siena. «Personalmente condivido questa vittoria con Nicola Zingaretti, che mi ha lasciato il testimone come segretario del Pd», aggiunge Letta, rimarcando la continuità col suo predecessore, che aveva posto le basi per la nascita della coalizione col Movimento 5 Stelle. E seguendo su quel solco già seminato, l’ex premier ha trasformato il partito nella prima forza elettorale. Un traguardo che fa dire a Romano Prodi: «Oggi il dato certo è che Letta ha riunito il partito, la sperimentazione fatta va ancora studiata», dice il Professore, che poi aggiunge: «Ma sono mutati i rapporti di forza, non è più il problema di una alleanza tra uguali, il Cinque Stelle al nord sta scomparendo, ora i rapporti saranno completamenti diversi, ora c’è un perno, ora il rapporto con il M5S può essere portato avanti in modo completamente diverso». Ma sono proprio le condizioni mutate a minare la serenità dell’intesa.

Letta rivendica per sé il ruolo di «federatore» e Conte sa che l’ala dura del partito potrebbe spingere per rompere ogni legame col vecchio nemico dem. Per questo il capo 5S rivendica il successo e chiede pazienza prima di sputare sentenze sul «nuovo corso», continuando a coltivare privatamente il sogno di guidare ancora l’alleanza. Il tempo della verità, però, è già alle porte. Tra quindici giorni si “giocheranno” i ballottaggi per le città ancora in bilico. Tra queste Roma, non proprio l’ultimo dei Comuni italiani. Ed è proprio nella Capitale che il Movimento 5 Stelle scopre le ferite più profonde da leccare, con l’uscente Virginia Raggi terza classificata (mentre scriviamo) dietro il candidato del centrodestra Enrico Michetti e quello del centrosinistra Roberto Gualtieri.

Al secondo turno, dunque, i grillini dovranno scegliere se e con chi apparentarsi. «È chiaro che i cittadini non possono essere considerati un pacco postale. Non c’è dubbio che la nostra forza politica non può avere alcuna affinità con le forze di destra», spiega Conte, dunque «valuteremo se ci sono le condizioni per continuare un dialogo, ma non vorrei essere irriguardoso con i cittadini». Un’alleanza nella Capitale, però, appare parecchio improbabile, dopo anni di opposizione dem e veleni reciproci. E il presidente del partito sa che non potrà imporre alcuna decisione a un gruppo dirigente locale fortemente connotato in chiave anti dem.

«I 5 Stelle vanno bene quando sono in coalizione con noi. Sarà un percorso graduale, ma di convergenza credo abbastanza naturale», prova ad addolcire la pillola Enrico Letta, con la consapevolezza di chi sa di avere il mazzo di carte in mano. I grillini hanno perso tutti i loro Comuni bandiera, quelli che nel 2016 avevano offerto un assaggio di quello che sarebbe stato il risultato delle Politiche di due anni dopo: Roma e Torino cambiano bandiera e chiudono l’era delle sindache pentastellate. Toccherà a Conte gestire le trattative per il secondo turno. Sempre che il suo partito non esploda prima.