«Quanti ne avete promossi finora? Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi»: ricordate l'infelice frase che sarebbe stata pronunciata da un magistrato della sub-commissione istituita presso la Corte di Appello di Lecce, chiamata a valutare le prove d'esame dei candidati di Brescia per l'abilitazione alla professione forense? Tutti i dubbi ora sono fugati: l'espressione è stata veramente proferita ma avrebbe un significato diverso da quello attribuito ad essa nelle cronache di questi giorni. Ad illustrare tutti i dettagli della vicenda ci ha pensato ieri il sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto che ha risposto all'interpellanza di Gianfranco Di Sarno, deputato del MoVimento 5 Stelle, a cui erano seguite le interrogazioni del deputato leghista Luca Toccalini e di Carmelo Miceli del Partito democratico. L'onorevole Sisto ha dichiarato che «il presidente della prima sottocommissione costituita presso la Corte di Appello di Lecce ha trasmesso al Ministero una relazione firmata da tre commissari della IV sottocommissione (due avvocati e un magistrato)». Dalla relazione emerge che «nella giornata del 4 giugno 2021 sono stati esaminati cinque candidati di cui i primi tre ritenuti idonei (il primo e il terzo con il punteggio di 18/30 e la seconda con il punteggio di 22/30) e il quarto e il quinto non idonei con il punteggio rispettivamente di 12/30 e 14/30.  Al momento dell’esame del terzo candidato mutava la composizione della commissione attraverso la sostituzione di un componente professore con un componente magistrato che si collegava da remoto. In questa fase sarebbero state proferite le espressioni riportate dagli organi di informazione». Ricordiamole: oltre a quella incriminata su citata, il magistrato avrebbe aggiunto: «Io una domanda insidiosa posso farla», convinto che «se promuoviamo tutti quelli che arrivano alla fine poi dobbiamo bocciare». Ad ascoltare il tutto c'erano circa una quarantina di candidati sui 475 che stanno sostenendo la prova a Brescia. Lo sprovveduto della commissione ha lasciato il microfono aperto e i praticanti, già in ansia per la nuova modalità di esame, hanno visto il loro destino segnato dalla scure del severo magistrato. Che però si difende, come racconta Sisto: «Nella relazione si legge che “con riferimento alla frase attribuita dalle notizie di stampa al componente magistrato ‘non possiamo promuovere tutti, stiamo bassi’ deve precisarsi che tale espressione non riflette correttamente quanto dichiarato dal [commissario], il quale in prima battuta chiedeva agli altri componenti notizie sugli esiti delle prime prove alle quali non era stato presente, invitando come sovente accade nelle discussioni interne ad una commissione giudicatrice a valutazioni più rigorose, mentre con riferimento all’espressione stiamo bassi la stessa si riferiva non al dato numerico degli idonei alle successive prove orali, ma alla valutazione della singola prova di esame in base al rendimento del candidato”». Preso atto della versione del magistrato commissario, permetteteci qualche domanda: perché un magistrato dovrebbe essere più bravo dei commissari avvocati a ripristinare il rigore? Crede forse che per spirito di appartenenza alla categoria sarebbero disposti a promuovere tutti? E poi perché si dovrebbe partire già con l'intenzione di valutazioni basse, senza prima aver ascoltato il candidato? Ha detto bene il presidente dell'ordine degli avvocati di Brescia Fausto Pelizzari quando ha ricordato che «le valutazioni vanno fatte esclusivamente sulla base della preparazione dei candidati. L'obiettività è la prima cosa». Comunque il Ministero della Giustizia sembra prendere le distanze da quanto accaduto, impossibilitato a controllare il lavoro di ogni sub-commissione: «Deve essere in questa sede sottolineata l’estraneità del Ministero ai profili attinenti alla valutazione dei candidati, che costituisce prerogativa esclusiva delle commissioni sulla base dei criteri elaborati dalla Commissione centrale costituita presso il Ministero». Ma rassicura: «Va sottolineato, anche per la serenità dei candidati in vista delle loro prove, che si tratta di un esame di abilitazione per il quale non è previsto alcun limite al numero degli idonei». Per Claudia Majolo, Presidente Unione Praticanti avvocati, «la verità è figlia del tempo e ad oggi (ieri, ndr), il Ministero della Giustizia, che sin da subito si è mostrato sensibile alle istanze dei praticanti, ha messo il punto alla situazione mettendo a tacere ogni polemica».