«Quanti ne avete promossi finora? Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi». La frase, agghiacciante, sarebbe stata pronunciata venerdì scorso da un componente della commissione durante lesame di abilitazione alla professione di avvocato dei candidati di Brescia, collegati su Teams con la triade di Lecce per svolgere la prima delle due prove orali previste questanno. Ad ascoltare le parole pronunciate maldestramente a microfono aperto circa una quarantina di candidati sui 475 che stanno sostenendo la prova a Brescia, che verranno giudicati dalla quarta sottocommissione di Lecce, composta da due avvocati, di cui uno presidente, e un magistrato. E sarebbe proprio questultimo, stando alle testimonianze, ad aver pronunciato la frase incriminata, ora finita al centro di uninterrogazione parlamentare e di approfondimenti da parte del ministero della Giustizia. Secondo quanto riferito e diffuso via social da alcuni dei candidati, il commissario avrebbe invitato i colleghi a non promuovere troppe persone. «Io una domanda insidiosa posso farla», avrebbe dunque detto il magistrato, convinto che «se promuoviamo tutti quelli che arrivano alla fine poi dobbiamo bocciare». Il presidente dellordine degli avvocati di Brescia, Fausto Pelizzari, si è messo in contatto con il presidente della Corte dappello di Brescia, Claudio Castelli, che dopo un confronto con Lanfranco Vetrone, presidente della Corte dAppello di Lecce, ha annunciato di voler chiedere «se sia possibile rifare lesame». «Attendiamo novità da Lecce - spiega Pelizzari -, novità che potrebbero nascere da valutazioni sullopportunità che il componente che ha fatto questa considerazione possa stare o meno in commissione. Si tratta di una situazione imbarazzante e sconcertante - prosegue -, ho manifestato al presidente Castelli il disappunto dei candidati di fronte ad una frase infelice». In merito allaffermazione, Pelizzari precisa che «le valutazioni vanno fatte esclusivamente sulla base della preparazione dei candidati. Lobiettività è la prima cosa, avendo anche a che fare con giovani che hanno delle aspirazioni e meritano di essere giudicati per quello che sono e quello che sono in grado di far capire circa la loro preparazione. Forse è un ragionamento banale, ma la selezione va fatta esclusivamente in base alle capacità. Limportante è che si torni ad unatmosfera serena che consenta ai candidati bresciani di svolgere la propria prova sapendo che non verranno valutati sulla base del numero di promozioni precedenti». Intanto sono già due le interrogazioni alla ministra della Giustizia annunciate sulla vicenda: quella di Gianfranco Di Sarno, deputato del MoVimento 5 Stelle componente della commissione Giustizia, e quella del deputato Luca Toccalini, coordinatore federale Lega Giovani. «Se confermato - ha commentato Di Sarno -, l'episodio violerebbe le garanzie di trasparenza richieste nella correzione delle prove, oltre che il diritto dei candidati ad una valutazione imparziale, dimostrando ancora una volta la necessità di procedere ad una riforma complessiva dell'esame di abilitazione alla professione forense». Per Toccalini, «le valutazioni devono essere fatte esclusivamente su base meritocratica. Oggi presenterò un'interrogazione al ministro Cartabia affinché si faccia chiarezza su quanto accaduto e venga garantita un'equa valutazione a tutti gli aspiranti avvocato». Dura anche la reazione della Consulta nazionale praticanti Aiga, secondo cui «si tratterebbe dell'ennesima manifestazione dello scarso interesse sullesame di abilitazione di avvocato e sulla formazione di una classe professionale meritocratica - si legge in una nota -. Riteniamo inaccettabile che la valutazione di un candidato venga effettuata non già sul merito, quanto sul numero dei candidati precedentemente promossi. Gli sforzi delle migliaia di praticanti, dopo anni di fatica e di investimenti, non possono essere vanificati a causa di questioni esterne alla preparazione in diritto». Più cauta, invece, la reazione dell'Unione praticanti avvocati. «Ho avuto modo di parlare con le persone interessate, le quali hanno assistito alla seduta d'esame e sono emerse dichiarazioni differenti ma soprattutto contrastanti tra loro e con quanto pubblicato sui social - ha dichiarato la presidente Claudia Majolo -. L'onere della prova dovrebbe essere per noi giuristi pane quotidiano, la bussola che dirige il nostro cammino e queste polemiche senza alcun fondamento (almeno per il momento) non credo sia il modo di portare avanti un'azione lungimirante e a tutela di tutti noi praticanti».