«Le vittime non hanno detto nulla, i genitori sono distrutti, silenti e sbigottiti, non immaginavano una ridicolizzazione del loro dolore. Non si ribaltano i ruoli, noi non ci stiamo, noi non ci facciamo intimidire!». A dirlo è l'avvocato Giulia Bongiorno intervenendo al programma televisivo L'Aria che Tira, in qualità di difensore della ragazza che ha denunciato Ciro Grillo, figlio del garante M5S, per stupro. «Porterò il video di Beppe Grillo in Procura - ha proseguito l’esponente della Lega - perché reputo che sia una prova a carico, documenta una mentalità». «Da anni con Michelle Hunziker mi batto contro la violenza sulle donne. Gli argomenti sviluppati nel video di Beppe Grillo li trovavo 20-30 anni fa quando difendevo le vittime, gli avvocati cercavano sempre di dire che la vittima se l’era cercata. A me questo fa paura», ha sottolineato Bongiorno. Nel frattempo non si placano le polemiche che da ieri infiammano la politica per il video-sfogo di Grillo, con tanto di condanna bipartisan da parte delle forze di maggioranza. Il caso irrompe anche nell’Aula della Camera, dove FdI chiede una capigruppo, mentre le altre forze politiche ribadiscono la stigmatizzazione delle parole pronunciate dal Garante M5s, soprattutto nei confronti della ragazza che ha denunciato la violenza. I 5 stelle, con il capogruppo Davide Crippa, tentano di "preservare" il Movimento dalle polemiche. «Sta alla giustizia, oggi, fare il suo corso e stabilire la verità giudiziaria, però distinguerei la vicenda personale di un padre, emotivamente coinvolto, come abbiamo potuto vedere, e quella del Movimento 5 Stelle, quella politica del Movimento 5 Stelle», spiega Crippa. La prima ad intervenire in Aula è Ylenia Lucaselli di FdI: «Noi non vogliamo assolutamente processare nessuno in quest’Aula, lungi da noi questo pensiero, perchè noi siamo garantisti veri, noi crediamo che si sia innocenti fino a prova contraria, crediamo nella giustizia e nei suoi tre gradi di giudizio. Però, vede, le dichiarazioni che sono state fatte ieri sono dichiarazioni gravissime, soprattutto perché provengono da un leader politico. Noi esprimiamo la nostra vicinanza, la nostra solidarietà a una giovane donna e alla sua famiglia e io mi aspetto che, in quest’Aula e da quest’Aula e da tutti i gruppi politici, ci sia una condanna forte di quanto è accaduto ieri», afferma, spiegando che «il gruppo di Fratelli d’Italia chiede ci sia - perché lo riteniamo assolutamente doveroso e necessario - una conferenza dei capigruppo affinché si possa insieme esprimere la vicinanza di tutto il Parlamento italiano a una giovane donna, vittima in questo momento anche soltanto dell’arroganza e del sessismo verbale di un leader politico». Interviene quindi Carla Cantone del Pd: «Ciò che è successo ha creato, per essere gentili, una incredulità e forte arrabbiatura per le parole pesanti di Grillo verso la ragazza coinvolta. Noi riteniamo che la giustizia debba fare il proprio corso e non intendiamo interferire, e non rinunciamo mai ad essere garantisti, questo mai. Però ciò che abbiamo ascoltato, le parole di Beppe Grillo non sono accettabili, questo lo dobbiamo dire con forza. La violenza sulle donne è sempre e comunque da condannare. La magistratura farà il suo lavoro, ma intanto noi dobbiamo condannare senza se e senza ma ogni violenza sulle donne e non solo sulle donne». Per Lucia Annibali di Iv «il video di Beppe Grillo lascia sgomenti per i toni. Se possiamo comprendere sicuramente la preoccupazione umana di un padre rispetto ad una vicenda che riguarda il proprio figlio, di certo non possiamo tollerare, appunto, i toni e le parole utilizzate; parole e toni che denotano, innanzitutto, una profonda ignoranza e mistificazione su quelli che sono i principi che regolano il nostro Stato di diritto e le vicende processuali in sè. Quello che lascia ancora più sgomenti sono le parole comunque rivolte alla storia della ragazza, al suo racconto e al suo vissuto, che merita assolutamente rispetto». La deputata renziana insiste sulla «gravità» del video, «è grave che un rappresentante politico e pubblico utilizzi uno strumento di quel tipo per interfacciarsi e interferire in un’indagine che dovrà naturalmente fare il suo corso». Molto dura anche la leghista Laura Ravetto: «Una donna può trovare il coraggio di denunciare anche dopo mesi, e nessuno può mettere in discussione questo principio, neanche Grillo, indipendentemente da come siano andati i fatti, e non compete a noi giudicare e noi non siamo garantisti à la carte, non siamo giustizialisti con gli altri e garantisti con i figli. Noi siamo garantisti con tutti, e quindi aspetteremo quello che dirà la magistratura, ma questi due principi sono stati messi in discussione da Grillo, nel suo video, e questo è inaccettabile. E noi lo denunciamo non per una lotta politica. Il video di Grillo è stato di una gravità inaudita, anche perché è entrato nel merito della questione». «Ne parlano in tanti oggi del video di Beppe Grillo in difesa di suo figlio Ciro e io, da 5 Stelle, sento il dovere di dire che il contenuto di quel video rinnega i nostri valori. Caro Beppe, capisco il tuo dolore di padre, capisco la rabbia dei processi mediatici che colpiscono di più le persone conosciute, ma la tua rabbia e il tuo dolore non devono offendere la rabbia e il dolore dei genitori della ragazza», scrive invece sulla sua pagina Facebook Elisabetta Trenta, ex ministra della Difesa ed esponente del M5S. «Durante il nostro primo Governo siamo stati fieri di approvare la Legge #CodiceRosso, che ha peraltro esteso il termine per la denuncia di violenza subita da parte della donna da sei mesi a 12. Lo abbiamo voluto estendere», spiega Trenta, «perché la maggior parte delle donne violentate spesso non denunciano. Si vergognano, hanno paura di essere segnate a vita, sanno che c’è gente che le accuserà di essere state causa della violenza e non vittime. A volte hanno paura di perdere il lavoro... sono tanti i motivi. Alcune donne all’inizio cercano di rimuovere la violenza. Otto giorni per denunciare e il fatto non sono un evento strano che deve trasformare una donna da vittima in una carnefice». «Qui non ci sono vittime e carnefici, sono tutti vittime, anche "il gruppo che ride, che sono ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello di fuori così perché sono 4 coglioni, non 4 stupratori" - come dici tu - sono vittime, vittime di una cultura che alza i limiti di ciò che si può fare e ciò che non si può e non si deve fare. Mi fanno pena anche loro sì, perché non hanno capito il limite delle sballo. Sono quei momenti di pazzia che segnano una vita e questo dispiace a tutti. Ma c’è una vittima che ha denunciato e va rispettata ed aiutata. La nostra civiltà giuridica garantisce la presunzione d’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio, ma garantisce anche l’attenzione, la cura e la tutela della vittima. E noi, da politici, siamo i primi a dover credere nella giustizia», conclude l’ex titolare della Difesa.