A me la foto di Draghi che con sua moglie aspetta allo hub di essere vaccinato è piaciuta – contrariamente al nostro direttore. E non mi è nemmeno parsa populista. Populismo è assumere che uno vale uno in ogni occasione. Non il riconoscere che in certe occasioni, in certi àmbiti siamo tutti uguali: questa è pura verità. Poi ci sono invece altri àmbiti in cui uguali non siamo affatto, e sono quelli in cui la competenza specifica è giusto che abbia una sua rilevanza. È vero che la politica è quella strana zona in cui la specificità, la competenza, il bagaglio di conoscenza e sensibilità dovrebbe avere il massimo di rilievo (e dunque di distinzione), ma poi, per esempio, al momento del voto effettivamente uno vale uno: anche se a volte ci dispiace! Ho trovato quella foto rassicurante, per il modo stesso in cui l’immagine era stata ripresa: seduti a far due chiacchiere in attesa della vaccinazione, con uno sfondo del telo della tensostruttura, e le guardie del corpo (magari arcigne o tracotanti) fuori dallo scatto. Insomma, sembra dire la foto, “Io mi fido del vaccino, potete fidarvene anche voi”: E sa Iddio se di queste magari piccole e un poco elaborate iniezioni di fiducia abbiamo bisogno. Lo scatto, poi, rimanda alla famiglia e al ruolo che ha avuto in questo anno: fonte di apprensione e di rassicurazione e appoggio allo stesso tempo. E lo sa bene hi su una famiglia non ha potuto contare. Mette in immagine la frase che lo stesso Draghi disse in conferenza stampa il giorno in cui sospese il vaccino AstraZeneca: “Mio figlio in Inghilterra lo ha fatto sabato scorso, ed anche io lo farò quando sarà il mio turno, ma adesso è prudente sospenderlo”. Insomma, Draghi come uno di noi. So bene quali insidie si celino dietro questa immagine che si vuol convogliare, e meno si è uguali agli altri (e Draghi certo non lo è) più questa immagine è una bufala volta ad ingannare. Eppure mi sembra che l’ex BCE queste insidie riesca in onestà ad evitarle. Il che, di nuovo, sembra essere una novità. Pensiamo a quel borioso coi capelli fonati di Conte che teneva le reti nazionali in sospeso per ore in attesa delle sue dichiarazioni che avrebbero dovuto essere alle 8 di sera e slittavano a chissà quando. E poi in generale non rispondeva a domande. Draghi avrebbe potuto far venire a Palazzo Chigi un medico con la siringa in mano: certo il messaggio sarebbe stato che apparteneva ad una elìte cui tutto è possibile (e forse è proprio così). Un messaggio che però avrebbe generato apprensione, quanto meno agli sprovveduti, che sono tanti. Ci ricordiamo dell’omicidio di tanti anni fa di Olaf Palme, il buon primo ministro socialista svedese? Lui pagò con la vita il suo essere andato al cinema senza scorta e tornare a piedi a casa. Come uno qualunque. Perché in effetti quando si va al cinema si vuole che anche i nostri prestigiosi (nei rari casi in cui sono effettivamente prestigiosi) rappresentanti non ostentino i loro privilegi. Forse non è la sostanza della democrazia, ma almeno è la sua immagine. P.S. Penso che su questo problema dell’immagine una beniamina del nostro giornale, la ministra Cartabia, abbia da imparare qualcosa: quell’immagine (nel numero di oggi) di lei, impeccabile nel suo tailleur con foulard girocollo ovviamente in tinta, con dietro di lei solo il Novissimo Digesto ben allineato, mette in rilievo le sue assolute competenze giuridiche, ma sembra ignorare che per fare politica ogni tanto bisogna anche sporcarsi le mani: e in un tailleur così perfetto è ben difficile sporcarsele! Ezio Menzione