È una delle immagini simbolo dell’inchiesta “Angeli e Demoni”: un adulto e una bambina, in piedi, fianco a fianco, con le braccia dell’uomo che si allungano sulla piccola. Un disegno che però sarebbe diverso dall’originale, almeno secondo la procura di Reggio Emilia e la perizia della grafologa Roberta Tadiello che ha certificato l’aggiunta postuma di due mani poste in corrispondenza dell’area genitale della bambina. Quel disegno era finito su tutti i giornali, come esempio lampante delle gravi violazioni commesse da psicologi e assistenti sociali della Val d’Enza con lo scopo di allontanare i bambini da genitori innocenti e ingiustamente accusati di abusi sessuali ai loro danni, per alimentare, così, il business degli affidi. Ma ciò che è emerso ora, mentre il processo è ancora in fase di udienza preliminare, è che chi ha consegnato ai media l’immagine ha fornito una versione diversa dall’originale.

[caption id="attachment_318005" align="aligncenter" width="482"] Il disegno pubblicato su tutti i giornali[/caption]

E per scoprirlo basta visionare la perizia eseguita per conto della stessa procura: così come riporta il sito reggionline. com, infatti, il disegno consegnato a tv e giornali è stato prima orientato in senso verticale e poi “schiacciato”, con il risultato di alterarne le proporzioni. Le braccia e le mani, dunque, risultano ad occhio nudo più lunghe e grandi. Ma non si tratta solo di questo. Il disegno originale risulta in posizione orizzontale e presenta un altro particolare, eliminato dalla versione consegnata alla stampa: l’immagine completa, infatti, ritrae una bambina sdraiata su un letto e, sopra di lei, l’adulto. Un contesto, dunque, assolutamente ambiguo e diverso da quello presentato sui giornali.

Sul disegno sono state effettuate due perizie. La prima, quella commissionata dall’accusa, arriva alla conclusione che il braccio destro e la linea esterna del braccio sinistro siano stati realizzati successivamente al resto del disegno, mentre il tracciato della mano destra non sarebbe riconducibile alla gestualità grafica della minore, «in quanto riferibile ad una differente grafomotricità». La controperizia chiesta dal difensore della psicologa, l’avvocato Franco Libori di Perugia, giunge però a una diversa conclusione: il disegno non è stato alterato e sarebbe coerente con la gestualità grafica della piccola. La vicenda è quella che la procura definisce “caso pilota”, nonché «il più eclatante». Siamo nel 2018 e Ginevra ( nome di fantasia, ndr) all’epoca ha 9 anni. Secondo i servizi sociali della Val d’Enza, quel disegno a loro trasmesso dalla psicolga dell’Asl di Montecchio Emilia - rappresenterebbe un indizio di una ipotesi di abusi sessuali da parte di un adulto. Parte così un’indagine a carico dell’uomo, indagato dalla procura di Reggio con l’accusa di abusi su minore. Un’inchiesta che il Gip archivia però l’anno successivo, sulla base di richiesta di archiviazione della Procura motivata – tra le altre cose – per il fatto che la psicologa avrebbe posto delle domande suggestive alla minore. Parte però un’indagine parallela, con l’ipotesi della manomissione del disegno da parte della psicologa, che avrebbe aggiunto le braccia e le mani proprio per rendere più credibile la tesi dell’abuso.

Se le accuse sono fondate sarà il processo a stabilirlo. Quel che è evidente, però, è che tale disegno è servito ad alimentare il “film” parallelo all’inchiesta “Angeli e Demoni”, film che ha suscitato la rabbia dell’opinione pubblica, con gravi ripercussioni sull’intero sistema dei servizi sociali. Ed è servito anche ad avviare una feroce campagna elettorale per le regionali in Emilia Romagna, che ha trovato il suo centro nel Comune di Bibbiano, consacrato come luogo di perdizione e trasformato in palco dal quale chiedere voti strumentalizzando una delicatissima inchiesta giudiziaria e le vite dei bambini coinvolti. Nelle settimane successive all’esecuzione delle misure cautelari, infatti, la pubblica opinione è stata letteralmente bombardata da notizie sull’indagine, molte delle quali montate ad arte. Basti pensare ai video dei bambini strappati ai genitori, che nulla avevano a che vedere con l’indagine sui servizi sociali della Val d’Enza, o la falsa notizia dell’elettroshock praticato sui bambini per indurli a confessare abusi mai subiti. Notizia, questa, che finì sulle prime pagine di quasi tutti i giornali, pur non risultando vera: ciò che emerge, infatti, è l’utilizzo di quella che viene definita “macchinetta dei ricordi”, utilizzata dalla psicoterapeuta Nadia Bolognini per «ascoltare i racconti sulle cose brutte subite da bambina». Si tratta del dispositivo Neurotek, usato nell’ambito della psicoterapia Emdr, tecnica diffusissima in ambito psicologico, scientificamente comprovata da più di 44 studi randomizzati controllati condotti su pazienti traumatizzati. La tecnica «sfrutta i movimenti oculari alternati, o altre forme di stimolazione alternata destro/ sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/ inibitorio, permettendo così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali», usufruendo di stimoli visivi o sonori. Insomma, nulla a che vedere con l’elettroshock che tanto scandalo aveva suscitato.

La vicenda del disegno, secondo alcuni dei difensori del processo, riporta alla mente quanto già accaduto con l’indagine per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne uccisa in provincia di Bergamo nel 2010. All’epoca, il comandante del Ris di Parma chiarì che il video in cui si vedeva il furgone descritto dagli inquirenti come quello di Massimo Bossetti ( poi condannato per l’omicidio) aggirarsi attorno alla palestra frequentata da Yara era stato montato dai carabinieri in accordo con la procura di Bergamo per soddisfare “esigenze comunicative”, «a fronte di pressanti e numerose richieste di chiarimenti». Insomma, una vera e propria operazione di «marketing giudiziario».