Allargare il perimetro della maggioranza? «È sempre cosa buona e giusta». Dopo la prova di forza del governo sulla Nadef, Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, ragiona sull’opportunità di aprire un dialogo con una parte delle opposizioni.

Ma partiamo dal Recovery Plan italiano. Il Presidente Mattarella chiede al governo massima efficienza nella destinazione dei fondi europei. A che punto siamo col nostro Piano?

Abbiamo approvato le linee guida, con un comportamento sostanzialmente corretto delle opposizioni. Ci preoccupa molto il dibattito in corso a Bruxelles, perché tutti sanno che i tempi di questa operazione sono determinanti. L'Italia sta facendo il suo percorso, è importante che anche l'Europa sia consapevole che bisogna avviare l'iter del piano.

Il prossimo Cdm sarà decisivo per l'elaborazione del Piano?

Il presidente Conte ha assicurato un totale rispetto degli impegni presi con la Commissione. Il Parlamento, come ho detto prima, ha fatto il suo dovere fino in fondo.

Quali dovranno essere le priorità per far ripartire il Paese?

Si tratta di una occasione che non ricapiterà. Servono coesione territoriale e infrastrutture: alta velocità e banda larga al Sud. Connettività con le aree interne e le isole. Bisogna collegare sud e le isole al resto dell'Europa. Parità di genere trasversale a tutte le missioni. Sulla pubblica amministrazione bisogna rendere più veloci i processi civili e digitalizzare le pratiche per operazioni più semplici. Poi, sostegno alle pmi innovative e investimenti su capitale umano. Per dirla con uno slogan, progetti che guardano al futuro e non mancette elettorali

Con i contagi in aumento costante e il rischio di nuovi lockdown per scongiurare il collasso del nostro sistema sanitario, crede che il M5S possa cambiare idea sul Mes?

Da mesi sostengo le posizioni prevalenti dei Presidenti di Regioni. Se non ora, quando? Il Mes è una linea di credito vantaggiosa, che l'Italia deve usare. Il presidente del Consiglio ha detto che spetterà al Parlamento l'ultima valutazione, io aspetto quel confronto. Il Mes non è una questione di partito, è una questione che interessa alla nazione.

Il governo ha superato la prova della Nadef ma i numeri ballerini al Senato restano. Sarebbe necessario allargare il perimetro della maggioranza?

Anche in un momento di massima difficoltà, con i numeri ridotti dall'emergenza sanitaria, abbiamo dimostrato che in Senato la maggioranza comunque c'è. Poi è chiaro che allargare il perimetro, come dice lei, è sempre cosa buona e giusta.

Come giudicherebbe un eventuale ingresso di Forza Italia in maggioranza?

Sono uno dei fautori della massima apertura, però fino ad ora, devo dirle la verità, in Aula grandi segnali da parte di FI non li ho ancora visti. Certo, anche nei mesi scorsi, ho molto apprezzato la disponibilità a collaborare del presidente Berlusconi. Se sono rose fioriranno, ma in generale il perimetro politico si amplia sulle cose da fare.

Il Movimento 5 Stelle, attraversato da un dibattito molto aspro al suo interno, potrebbe perdere altri pezzi al Senato. Teme l'effetto Di Battista sul governo?

Ho sempre giudicato le posizioni di Di Battista molto stravaganti. Rispetto il dibattito interno del M5S e non mi permetto certo di giudicarlo. Posso solo dirle che spesso non capisco le posizioni, le divisioni che emergono.

Le tensioni però non riguardano solo il rapporto con i grillini. Avete accusato Italia viva di aver bloccato la vostra pdl sul il voto ai diciottenni per per ottenere in cambio un rimpasto. I renziani tengono in ostaggio la maggioranza, come ha detto qualcuno di voi?

Guardi io non accuso nessuno, non lo faccio con il M5S, non lo faccio neanche con Italia Viva. In una coalizione nata con l'emergenza del Papeete, e vissuta sotto l'emergenza del Covid, è naturale che possano esserci a volte dissensi e malumori. Se ne deve fare carico il capo di questa coalizione, il Presidente Conte. E visto che questo tavolo si deve fare, allarghiamo il perimetro di osservazione a quello che dovrà fare il Governo nei prossimi delicatissimi mesi. Parlarsi tra alleati senza peli sulla lingua fa sempre bene.

Oltre questa maggioranza c'è solo il voto?

Solo ipotizzare una crisi nel mezzo della brutta stagione che l'Italia sta vivendo, farebbe sorridere, per così dire. Comunque entriamo in una sfera di attività, che non mi riguardano, la Costituzione parla chiaro e non ha bisogno di essere interpretata. È una materia che riguarda il Capo dello Stato.

Intanto prosegue il confronto tra Pd e M5S sulle alleanze locali. Dopo la rinuncia di Appendino a Torino, sotto la Mole si son create le condizioni per la nascita di una coalizione giallo- rossa?

Guardi, io sono stato il primo a dire in estate che le alleanze per le Regionali avevano senso solo se nate sui territori, su proposte concrete. Discorso che resta valido anche per le Comunali di primavera. Le alleanze strutturali non mi convincono, e laddove sono state messe in campo, mi riferisco all'Umbria prima e alla Liguria poi, non hanno prodotto risultati significativi.

E se a Roma facesse un un passo indietroVirginia Raggi?

Ad ora la sindaca della Capitale mi risulta essere candidata per il bis. Il giudizio sulla sua attività in questi 5 anni credo sia condiviso da tutti i romani, e aggiungo: purtroppo. Ci vuole una svolta netta, non ci sono piani B di altra natura.

Carlo Calenda è pronto a candidarsi al Campidoglio. Dovrà passare attraverso le primarie?

Calenda ha tutte le caratteristiche giuste per essere un buon candidato, anche e soprattutto di una alleanza larga. Naturalmente credo sia giusto che sia il Pd romano a dettare le regole del confronto. Le primarie sono nel nostro Dna, parteciparvi alla fine credo che sia un'opportunità anche per il leader di Azione.

Un'eventuale corsa dell'ex ministro alle Comunali chiuderebbe le porte a ogni dialogo col Movimento. Il Pd se lo può permettere?

Le ho gìà spiegato la mia posizione, durante le regionali ho detto a Bettini che era un errore pensare ad alleanze strutturali, non è che mi spavento a dirlo ora anche a Luigi Di Maio. I 5 stelle in Puglia, in Toscana, in Veneto, avevano legittimamente i loro candidati, contrapposti ai nostri. Se succederà anche a Roma, non sarà certo la fine del mondo.