Prendiamo Mondragone, coi bulgari untori e gli italiani salutisti. Mischiamoci la scuola, con la ministra Azzolina e «tante scelte che non sono colpa mia». Aggiungiamoci la bocciatura al taglio dei vitalizi degli ex parlamentari. Sono tre istantanee solo superficialmente scollegate ma che al contrario rappresentano la più calzante metafora della maionese impazzita che è lItalia. Un Paese che sembra procedere privo di una bussola che indichi una precisa direzione strategica, che è preda di malmostosità, rabbia e scatti di pancia ai quali la classe dirigente, politica e no, non solo non è capace di rispondere me spesso neppure di comprendere. Aggiungiamoci lo strapiombo di credibilità in cui è precipitata la magistratura dopo lo scandalo Csm e il quadro si precisa: dire a tinte fosche, è il minimo. In questa cornice il premier Conte - per la scuola e gli altri dossier su cui ciclicamente Zingaretti chiede di accelerare - reclama invece «dateci tempo». Il fisico Carlo Rovelli replicherebbe che il tempo è una astrazione. Gli italiani, più concretamente, che il tempo, chi ce lha, non lo deve aspettare. Vale anche per il centrodestra che sta sulla riva del fiume ad attendere - chissà quanto realisticamente - il suicidio della maggioranza. Così riprende corpo lo sport preferito dal Palazzo: la campagna elettorale permanente. Si farà sotto gli ombrelloni, al Papetee o simili per votare a settembre su regionali, comunali e referendum sul taglio dei parlamentari: altro patchwork utilissimo a vieppiù confondere le idee agli elettori. Il leader Pd lamenta che nel fronte opposto trovare lunità sulle candidature è facile, mentre dalla sua parte è complicatissimo. Non è così, anche a destra è stato un rompicapo mica male. Tuttavia è vero che nella coalizione M5S-Pd- Iv e Leu il mastice unitario è inesistente. La ragione è nota: è stata messa su una maggioranza raccoglieticcia in virtù di un coup de theatre di Matteo Renzi. Ma governare i territori e a maggior ragione lo Stato è improbo se ognuno marcia in direzione propria, ostinata e contraria a quella dei partner. Il paradosso è che prigionieri come siamo della dittatura del presente, i partiti non trovano di meglio che interrogarsi sul 2022, quando bisognerà eleggere il nuovo capo dello Stato. Concentrarsi sullautunno alle porte, sarebbe più utile.