Per capire fino in fondo la portata del monito dell’altro ieri di Sergio Mattarella basterebbe rileggersi tre righe. Quelle del discorso di insediamento rivolto al Parlamento il 3 febbraio 2015. “All'arbitro scandiva il neo capo dello Stato - compete la puntuale applicazione delle regole. L'arbitro deve essere, e sarà, imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza”. Il significato è chiaro. L’Italia non è una Repubblica presidenziale. I poteri del Presidente sono scritti nella Costituzione: argini invalicabili. Chi spinge per superarli si comporta in modo scorretto. E la scorrettezza costituzionale mette a rischio l’ordinato svolgimento del sistema democratico.

Ma forse, almeno in filigrana, si può intuire anche qualcos’altro. Giusto o sbagliato che fosse, i padri costituenti immaginarono un equilibrio costruito su istituzioni deboli - a partire dal governo e dal presidente del Consiglio - e partiti forti. All’inizio degli anni ‘ 90 questo schema è precipitato. I partiti hanno via via perso potere, prestigio e addirittura consistenza. Altre formazioni politiche si sono affacciate sul proscenio, sempre più allontanandosi dal solco costruito nel 1948. Contemporaneamente in quel periodo pezzi della magistratura hanno puntato a supplire le forze politiche in via di estinzione. In tale modo squilibrando il bilanciamento dei poteri che è l’anima stessa della democrazia. Il Paese è andato avanti così, sbilenco e incerto, con gli italiani che hanno assistito al progressivo svilimento della propria classe dirigente, collassata alla fine sotto il peso dei propri errori ed omissioni. Due anni fa, M5S e Lega hanno vinto nei rispettivi schieramenti, innaffiando di populismo le loro parole d’ordine e i loro intendimenti. Hanno fatto un governo assieme, che non ha funzionato. In corso d’opera, e con lo stesso premier, ne è nato un altro di opposto colore, che ha dovuto affrontare la più grave crisi sanitaria ed economica dal 1945 ad oggi. Nel frattempo, la magistratura ha messo in luce quella “modestia etica” denunciata da Mattarella, che ha provocato sbigottimento lacerando prestigio e autorevolezza di chi amministra la giustizia. In molti, in un modo o nell’altro, hanno alzato gli occhi verso il Colle, solleticando velleitariamente interventi del Quirinale per supplire alle deficienze, alle incapacità, alla bramosia di potere. Non funziona così. Il presidente della Repubblica è arbitro, non può parteggiare per questa o quella squadra. Tantomeno può esprimersi a favore di questo o quel leader. Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità. Chi governa, chi si oppone, chi fa parte della giurisdizione, chi vuole ottenere consenso sfruttando i social. Troppo comodo pensare al proprio orticello confidando nel fatto che poi i guai li aggiusta il Presidente. Troppo comodo. È costituzionalmente scorretto. Scorrettissimo.