Il lockdown della politica è finito e “riaprono” tutti i partiti in un clima che sotterraneamente è già molto nervoso. Anzi, neanche tanto sotterraneamente: alcune cose si vedono a occhio nudo, fibrillazioni vecchie e nuove, e da ogni parte.

Di certo il governo non rischia, per adesso, e riuscirà a passare anche sotto le forche caudine allestite per il ministro della giustizia Bonafede, dato che Matteo Renzi, che domani si alzerà in aula per pronunciare un discorso molto duro contro il ministro, pure lo “salverà” capendo perfettamente che la conseguenza di una bocciatura di Bonafede comporterebbe quella di tutto il governo, e Italia viva è tutt’altro che pronta per affondare questo colpo mortale.

Non passeranno le mozioni di sfiducia della destra e nemmeno quella di Bonino e Richetti, e però dall’aula uscirà un ministro della giustizia azzoppato: e il colpo, seppure non da ko, si abbatterà non su uno qualunque ma sul capodelegazione dei grillini, cioè sarà comunque un fatto traumatico. A questo si deve aggiungere la ritrovata unità del centrodestra, sia pure circoscritta alla manifestazione comune del 2 giugno ( ci sarà anche Forza Italia), la ripresa di una certa agitazione nel Pd, la persistenza di problemi molti seri legati a una ripresa un po’ improvvisata.

In questo quadro, Giuseppe Conte ha dunque ottimi motivi per rifugiarsi su un altro terreno, peraltro decisivo, quello europeo, facendosi in quattro per partecipare alla nuova battaglia aperta da Merkel e Macron con la sfida dei 500 miliardi a fondo perduto per salvare l’economia continentale. La grande iniziativa franco- tedesca ha già suscitato la scesa in campo di “rigoristi” vecchi e nuovi, dall’Austria alla Danimarca, dalla Svezia alla solita Olanda: non sarà un passeggiata per Parigi e Berlino. E a maggior ragione il premier pensa di poter giocare un ruolo attivo. Ieri ha sentito tutti i principali leader europei nel tentativo di strappare la fetta più ampia possibile di torta, 100 miliardi, una boccata d’ossigeno importante che egli potrebbe rivendicare a suo merito.

Tuttavia la tensione politica resta alta. Anche perché torna ad agitarsi al suo interno il Pd, cosa che di solito è un segno che qualcosa di nuovo sta avvenendo. Nella polemica sugli aiuti a Fca sviluppata da Andrea Orlando, e che ha visto l’inusuale scesa in campo di un ministro, Peppe Provenzano, a sostegno del vicesegretario, molti vedono l’inizio di una manovra che potrebbe indebolire Nicola Zingaretti: e anche se le cose non stessero esattamente così ( Orlando contesta questa lettura) è innegabile che se venisse a fibrillare il partito più “lealista” della coalizione le conseguenze potrebbero essere imprevedibili, tenuto conto che i conti veri si faranno fra qualche tempo, andamento del virus permettendo: e senza che si possano escludere nuovi scossoni. In ogni caso, il lockdown è finito.