«Gli spazi detentivi disponibili nel carcere di Bari non consentono allo Stato di garantire l'applicazione delle norme di sicurezza igienico-sanitaria per contenere l'emergenza coronavirus»: è questa la motivazione con la quale è stata avviata una class action per ottenere il rispetto delle misure previste per i detenuti. A farsi promotori delliniziativa gli avvocati baresi Luigi Paccione e Alessio Carlucci, con il patrocinio dall'associazione nessuno tocchi Caino - Spes contra spem. La class action - depositata l'11 aprile - è indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, al ministro della Giustizia, alla Procura della Repubblica di Bari oltre che il sindaco del Comune di Bari e dell'Area Metropolitana di Bari. Secondo i dati di via Arenula, nel penitenziario del capoluogo pugliese sono attualmente presenti 434 detenuti a fronte di 299 posti regolamentari. «Tale situazione - secondo gli avvocati Paccione e Carlucci - mette a grave rischio la salute degli operatori penitenziari e dei detenuti e fa vacillare il principio di uguaglianza dei diritti e di non discriminazione». I promotori hanno dunque chiesto al governo di mettere in atto le procedure necessarie a consentire il rispetto delle prescrizioni governative in materia di mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro, di divieto di assembramento e di effettività delle misure igienico sanitarie a protezione della salute del personale penitenziario e dei detenuti. Il sindaco di Bari e dell'Area Metropolitana, Antonio Decaro, è stato a sua volta invitato a verificare «la sussistenza nelle mura della casa circondariale delle condizioni oggettive atte a garantire ai detenuti e al personale penitenziario l'applicazione concreta della normativa in materia di distanza di sicurezza interpersonale, di divieto di assembramento e di effettività delle misure di prevenzione igienico sanitarie». In assenza di tali misure, secondo i due avvocati, «potrà ritenersi ipotizzabile la fattispecie giuridica del torto di massa».