Per la prima volta il governo italiano dovrà rendere conto alla Cedu, la Corte europea dei diriti umani di Strasburgo di come sta gestendo l’emergenza Covid 19 nelle carceri italiane. Tutto è scaturito dalla richiesta di adozione di una misura provvisoria urgente presentata alla Corte europea dagli avvocati Roberto Ghini del Foro di Modena e Pina Di Credico, referente osservatorio Europa della Camera penale di Reggio Emilia. Entrambi sono difensori di fiducia di B. M., recluso presso la casa circondariale di Vicenza, per il quale è stata rigettata l’istanza di detenzione domiciliare da parte del magistrato di sorveglianza di Verona. Un rigetto che non ha preso in considerazione l’emergenza coronavirus, nonostante l’istanza sia stata fatta a seguito dell’introduzione dell’istituto della detenzione domiciliare di “emergenza” ex art. 123 del Decreto Legge n. 18/ 2020 “Cura Italia”.

Il provvedimento di rigetto della richiesta di detenzione domiciliare del magistrato di Verona, nel contempo, è stato impugnato davanti al Tribunale di Sorveglianza di Venezia. Ma l’emergenza epidemia è tuttora in corso e il sovraffollamento non può certamente permettere la gestione sanitaria all’interno delle carceri, istituto penitenziario di Verona compreso. La fissazione dell’udienza e l’esito dell’eventuale decisione hanno tempi incerti che il detenuto non può quindi permettersi. Motivo per il quale gli avvocati Ghini e Di Credico, lunedì scorso, hanno presentato una richiesta urgente alla Cedu. La procedura 39 ( questo è il tipo di richiesta prevista dal regolamento Cedu) è straordinaria e viene infatti attivata al fine di ottenere una misura provvisoria ed urgente in casi particolari ove è a rischio la vita delle persone.

Mercoledì scorso la Corte ha accolto la richiesta, ma sospendendo la decisione in attesa che il governo italiano relazioni su taluni aspetti relativi, tra l’altro, anche alla gestione dell’emergenza covid19 negli istituti di pena.

Nel ricorso alla Cedu, da sottolineare, - oltre a segnalare che la decisione del magistrato di Sorveglianza non abbia rispettato il requisito della “base legale” - venivano descritte le attuali condizioni del detenuto, recluso in una cella di 7- 8 mq unitamente ad altro detenuto per 20 ore al giorno e con la possibilità di usufruire di 4 ore all’aria aperta in un cortile di 200 metri quadrati da condividere con altri 50 detenuti.

Come hanno ben spiegano a Il Dubbio gli avvocati Ghini e Di Credico «In sostanza alla Corte Europea è stata segnalata la violazione dell’art. 3 Cedu per trattamenti inumani e degradanti chiedendo una misura urgente e provvisoria, ovverosia che il detenuto sia posto in detenzione domiciliare anche senza “braccialetto elettronico”, essendo notoria la cronica carenza di tali strumenti o, in alternativa, che sia posto in condizioni di sicurezza tali da rispettare le norme sanitarie e pertanto in cella singola con tutti i presidi necessari».

Qui di seguito le domande alle quali dovrà rispondere il governo italiano entro le 10 di mattina del 14 aprile.

Qual è l’attuale situazione sanitaria nel carcere di Vicenza? In particolare, quali sono le attuali condizioni del richiedente? Quali misure preventive specifiche sono state prese dalle autorità competenti del carcere di Vicenza per proteggere il richiedente e gli altri detenuti dal rischio di contrarre il Covid- 19 ( inclusa l’ora d’aria, i pasti e altre situazioni di potenziale rischio)? Le autorità locali, in particolare il magistrato di Sorveglianza di Verona, hanno considerato l’eccezionale crisi sanitaria in atto legata al contagio Covid- 19? E hanno previsto misure alternative al carcere per il richiedente anche considerando l’entrata in vigore del Decreto Legge 18/ 2020 ( Dpcm) sulle misure in esso contenute? Nel contesto dell’attuale crisi sanitaria e delle richieste presentate formalmente dai vari detenuti, in quanto tempo medio il Tribunale di Sorveglianza di Venezia ha potuto comunicare la sua decisione in merito alle istanze, come quella del richiedente?