À la guerre comme à la guerre. E che fossimo in guerra, Macron l’ha ripetuto per ben sei volte il 16 marzo la sera in cui la Francia si chiudeva al resto del mondo. Ma che la guerra fosse anche una guerra di mascherine nessuno l’aveva previsto. I francesi aspettano ancora i 65 milioni di mascherine ordinate ai produttori cinesi, la gran parte della quale non è mai arrivata. E puntano il dito contro gli Stati Uniti. Il perché lo spiega Jean Rottner medico e presidente del consiglio regionale del GrandEst , la regione francese più colpita dal virus.  In un’intervista alla radio nazionale RTL, Jean Rottner racconta che gli americani sono soliti trattare l’acquisto delle mascherine direttamente con i cinesi: “Arrivano direttamente negli aeroporti,  prima che le mascherine siano caricate sui cargo francesi e offrono da 3-4 volte il prezzo pagato dai francesi. Pagano subito e in contant". Ma non sono solo i francesi ad accusare gli Stati Uniti. Andreas Geisel, il ministro degli interni del Bundesland di Berlino accusa gli americani di “pirateria moderna” al tempo del coronavirus. Pare infatti che circa delle 200.000 mascherine FFP2 e FFP3 acquistate da Berlino e destinate  al personale sanitario non siano mai arrivate in Germania.  Geisel sostiene che gli americani se ne siano appropriati indebitamente sequestrando il carico a Bangkok trasferendolo su un altro aereo che non è mai arrivato a Berlino. Come nei miglior film hollywoodiani. L’accusa principale è quella di non rispettare le principali regole del commercio internazionale: “Questo non è il modo di trattare gli alleati. Anche in tempo di crisi globale non dovrebbero esserci metodi da far-west”. Gli Stati Uniti negano di aver partecipato all’operazione. In realtà il problema sembra essere più ampio e complesso ed è difficile far risalire le colpe direttamente all’amministrazione di Washington dal punto di vista legale. Gli Stati Uniti si affidano a intermediari che hanno il compito di ricercare le mascherine nei vari posti del mondo e i metodi usati non sono certo quelli della diplomazia. Ma i problemi non sono solo tra americani ed europei. Anche i paesi dell’unione europea sembrano litigare sulle mascherine. E le scorrettezze non mancano. L’ultima l’ha svelata il 1 aprile il settimanale francese L’Express e riguarda anche l’Italia. Tutto comincia il 5 marzo quando la Francia requisisce a Lione un grande stock di mascherine protettive. Le mascherine sono di proprietà di una società svedese la Mölnlycke,  un gigante dell’attrezzatura nel settore medico che rifornisce tutti i paesi europei. Sulla propria piattaforma logistica di Lione la società svedese sta preparando 4 milioni di mascherine da distribuire in Europa.  Di queste un milione sono destinate alla Francia ma il resto sono destinate alla Spagna e soprattutto all’Italia che in quel momento è il paese più colpito dal virus. Due giorni prima, il 3 marzo, il presidente francese Emmanuel Macron firma un decreto che permette al governo, come in tempo di guerra, di requisire tutti i prodotti e materiali medici che si trovano sul territorio francese. Le mascherine sono immediatamente sequestrate. In un primo tempo la Mölnlycke cerca di trovare una soluzione coinvolgendo anche il governo svedese ma la mediazione non porta i frutti sperati. L’Italia intanto alle prese con il virus non sembra avere la forza di opporsi. Dopo due settimane di negoziazioni e visto l’aggravarsi della situazione italiana, i francesi decidono di fare partire solo una parte delle mascherine. Richard Twomey presidente della Mölnlycke, dichiara alla radio svedese di trovarsi nell’impossibilità di far transitare qualsiasi equipaggiamento medico attraverso la Francia ”perché regolarmente bloccato e sequestrato. ”La Svezia rimane in silenzio per circa un mese fino al 3 aprile quando il commissario europeo agli Affari Interni, la svedese Ylva Johansson, in videoconferenza da Bruxelles accusa  il comportamento della Francia e lo definisce “inaccettabile”. Il ministro degli esteri Svedese a sua volta afferma che “la situazione è seria” e il comportamento della Francia avrà delle conseguenze, pretendendo una risposta immediata e una data precisa per la cessazione delle restrizioni. Finalmente sabato la situazione si sblocca all’ora di pranzo. Il capo della diplomazia svedese annuncia su Twitter che grazie alla pressione del governo svedese la Francia ha deciso di togliere le restrizioni all’export delle mascherine di protezione della Mölnlycke così da poter essere distribuite in tutta Europa.  I francesi accusati di antieuropeismo una volta interpellati sostengono di aver bloccato le mascherine per paura di vederle finire fuori dall’Unione Europea. E’ una piccola vittoria ma si è perso un mese. Intanto dalle altre sponde dell’atlantico i due vicini Canada e Stati Uniti litigano come e più degli altri. Il tema è lo stesso, le mascherine.  Tutto comincia giovedì quando Trump ordina alla 3M, società che si trova in Minnesota, leader mondiale nella produzione di materiale sanitario, di fermare le esportazioni in Canada e in America Latina e di far ritirare tutte le mascherine che si trovano all’estero specialmente quelle degli hub asiatici.Il presidente canadese Trudeau minaccia ritorsioni. Fa notare a Trump che la collaborazione sanitaria non può che essere bilaterale, ricordando che migliaia di infermieri canadesi attraversano la frontiera ogni giorno per lavorare negli ospedali di Detroit. “Queste sono risorse su cui gli Americani fanno affidamento e sarebbe un errore creare dei blocchi o ridurre la quantità di beni e servizi, inclusi i prodotti medici che ogni giorno attraversano la frontiera”.Trump dal canto suo, dice di usare una legge di guerra il  Defence Production Act utilizzata ai tempi della guerra con la Corea. Su twitter aggiunge: "Oggi abbiamo colpito duramente la 3M avendo osservato l’uso che facevano delle mascherine. Nel governo molti sono sorpresi dal loro comportamento, gli faremo pagare un prezzo molto alto”. La società 3M fa sapere con un comunicato che ritiene la scelta sbagliata e che ci saranno gravi conseguenze dal punto di vista umanitario essendo loro i principali fornitori sia del Canada sia dell’ America Latina. Rispettare la decisione di Trump vuol dire far mancare gli strumenti minimi di sicurezza indispensabili per gli operatori sanitari nei paesi dove esportano. Nel comunicato aggiunge “In più se noi fermiamo l’esportazione di tutte le maschere prodotte negli Stati Uniti, probabilmente gli altri paesi faranno lo stesso con noi, con il risultato che le maschere disponibili negli Stati Uniti diminuiranno”. I canadesi accusano Washington di violare le regole del libero scambio, ma gli americani fanno notare che nelle regole dell’WTO l’organizzazione mondiale del commercio e nel trattato Nord Americano per il libero scambio, NAFTA, delle eccezioni temporanee sono previste nel caso un paese si dovesse trovare in una situazione estrema per mancanza di materiali ritenuti indispensabili alla difesa del paese. Come diceva un politico francese al tempo di Bonaparte, Charles Lemesle “Si fanno regole per gli altri ed eccezioni per sé.” Ora il Canada e tutti i paesi dell’America Latina devono cercare altri fornitori. Ed ora che anche l’OMS dichiara l’utilizzo delle mascherine come necessarie per fermare il contagio, la domanda che tutti i paesi si fanno è: "Dove le prendiamo?”