C’è sempre una certa dose di casualità nel determinare intorno a quale specifico tema si sedimentano e arrivano al punto di rottura tensioni politiche che preesistono e vanno molto oltre il casus belli di turno. I commenti che di volta n volta segnalano quanto sia assurdo arrivare sull'orlo di una crisi, e spesso oltre quell'orlo, ' per una questione simile' sono dunque quasi sempre formalmente giusti ma nella sostanza superficiali. Il bello è che, pur essendo i politici passai tutti, in qualche occasione, per situazioni simili, si comportano poi puntualmente come se in ballo ci fosse davvero solo lo specifico nodo in oggetto.

E' quel che rischia fortemente di succedere sulla prescrizione. Per 48 ore Zingaretti e Conte si sono illusi davvero di aver superato indenni le rapide grazie al colpo di reni col quale, la settimana scorsa, tre forze di maggioranza su quattro avevano deciso di andare avanti con il cosiddetto ' lodo Conte bis' sulla prescrizione, ignorando il pollice verso dei renziani. L'idea era quella di chiudere rapidamente il già estenuante contenzioso, nella certezza che Renzi non avrebbe potuto fare niente per impedirlo e che poi, una volta chiuso d'autorità l'incidente, la ferita si sarebbe in qualche modo rimarginata.

E' probabile che se il duello fosse davvero solo sulla prescrizione le cose andrebbero effettivamente così, non avendo in effetti Renzi alcun interesse ad aprire le urne per le elezioni politiche in tempi rapidi. La nota stonata è che, se l'ex premier ha effettivamente bisogno di tempo per provare a concretizzare il suo progetto, non può permettersi di sprecare quel tempo o peggio, di restare immobile a guardare come gli utilizzano i suoi veri rivali, cioè i dirigenti del Pd. I segnali di resurrezione del bipolarismo che hanno mandato in visibilio parecchi commentatori politici per lui sono stati sinistri scricchioli, di quelli che avvertono che il ghiaccio sottile sul quale si cammina sta per cedere. Le elezioni anticipate sarebbero in effetti un rischio mortale per Iv. Ma il consolidamento di un nuovo bipolarismo sarebbe l'estrema unzione. La dinamica stessa dell'accordo a tre sulla prescrizione con l'appello rivolto a Zingaretti da una leader 5S notoriamente schierata a favore dall'accordo strategico pd- M5S come Roberta Lombardi e con la scelta del nazareno di mettere comunque al primo posto l'intesa con il Movimento deve aver fatto balenare agli occhi di Renzi l'incubo di un lasso di tempo, di qui alle prossime elezioni politiche, speso dal pd anche per costruire un patibolo sulla sua misura.

Dunque Renzi non può arrendersi e il sospiro di sollievo di Zingaretti è stato probabilmente tirato troppo presto. Tanto più che la mossa è stata decisa alla cieca, cioè senza avere idee chiare e percorso definito sul come procedere. La miscela è esplosiva. La via maestra su cui contavano Zingaretti e Conte, quella del decreto, è stata probabilmente bloccata dal Quirinale, che già nella notte del vertice faceva filtrare dubbi e perplessità sui requisiti di necessità e urgenza. La toppa individua, cioè un emendamento al mille proroghe, è peggiore del buco. Si tratterebbe infatti di una forzatura tanto clamorosa da rendere persino plausibile la minaccia, ripetuta ieri, di una mozione di sfiducia contro Bonafede.

Se i presidenti delle commissioni interessate, il pentastellato Brescia e il leghista Borghi, decideranno di bloccare l'emendamento al mille proroghe, la vicenda si trascinerà ancora per settimane se non mesi. Ma anche fosse dato il semaforo verde e Renzi evitasse una mossa deflagrante come la mozione di sfiducia contro Bonafede e poi messo con le spalle al muro dal voto di fiducia approvasse anche il milleproroghe con la prescrizione canguarata all'interno, Iv sarebbe poi costretta a rimettere tutto in discussione, probabilmente con una sua proposta di legge.

Entrambe le vie d'uscita, la ricomposizione o in alternativa uno strappo ma rapido e privo di conseguenze, sembrano dunque precluse. Neppure si può facilmente ipotizzare che la faccenda perda per strada una parte almeno del proprio potenziale esplosivo perché il disegno strategico del Pd è per Renzi tanto letale da costringerlo casomai ad alzare ulteriormente il tiro. D'altra parte, però, il leader di Iv teme davvero quel voto anticipato che, andando avanti sulla strada che ha imboccato diventerebbe quasi inevitabile. Il senso del dialogo sotterraneo tra lui e Salvini, benedetto ieri da un giornalista da sempre molto ascoltato a destra come Vittorio Feltri, è questo. Se tutto crollerà, anche la possibilità di battere strade oggi poco immaginabili verrà esperita e Renzi, se davvero si arriverà a quel punto, cercherà di presentarsi alla trattativa con il forno di un possibile accordo col centrodestra già ben acceso.