Rilancio, verifica, cronoprogramma, agenda 2023. Tutto a gennaio. Sarà il mese che apre l’anno a dover sciogliere i nodi più complicati per governo e maggioranza? No, ma molto probabilmente nelle prime settimane del 2020 capiremo se il Conte 2 ha veramente quel futuro che il presidente del Consiglio spera e che molti non riescono a scorgere. E sempre a inizio anno sarà chiaro se le timide aperture di questi giorni sulla riforma del Rosatellum, sintonia Salvini- Renzi sul proporzionale compresa, possono trasformarsi in un accordo politico vero e capace di dare al paese una nuova legge elettorale. Un’eventualità che farebbe partire il conto alla rovescia per il voto anticipato.

Ma c’è una data in particolare segnata in rosso ( o in giallorosso, se preferite) nell’agenda del mese di gennaio: domenica 26, il giorno del voto in Emilia Romagna e in Calabria. Un test regionale, ma che sarà inevitabilmente un’elezione con un peso nazionale per l’opposizione, ma anche e soprattutto per la maggioranza di governo. Con una nota a margine non banale: la prima si presenta unita nel tradizionale schema di centrodestra, la seconda andrà divisa dopo il devastante esito elettorale della foto di Narni alle regionali in Umbria.

Con il necessario rispetto per i cittadini calabresi, è chiaro che quella sera andremo tutti a vedere la scelta degli emiliano romagnoli e a valutare gli effetti di quel voto sul governo nazionale. Se la rossa Emilia Romagna dovesse premiare la Lega e tutto il centrodestra la sorte dell’esecutivo sarebbe segnata. Il Pd potrebbe non reggere l’urto di una sconfitta nella sua Emilia: il valore storico, simbolico e politico di quella regione è un tutt’uno con quello della sinistra.

E se fosse vero il contrario? È un’ipotesi poco praticata, ma non da scartare.

Una sconfitta – e la conseguente ondata di sfiducia nel popolo del centrosinistra - potrebbe rafforzare nel Partito democratico la convinzione che eventuali elezioni politiche avrebbero un destino segnato. La previsione di una solida maggioranza parlamentare sovranista e la prospettiva di una corsa alla successione a Sergio Mattarella al Quirinale determinata da un parlamento a trazione destra- centro sarebbero un collante sufficiente per resistere alle difficoltà di coabitazione con M5S e Italia Viva. L’auspicio di un riflusso dell’onda sovranista, magari legato ai risultati che con il tempo l’azione del governo potrebbe portare, può fare il resto.

E se l’Emilia Romagna rimanesse fedele alla sua storia? Se il Pd riuscisse a respingere l’avanzata leghista? È opinione diffusa che un’eventualità del genere sarebbe un’iniezione di fiducia per il Conte2, spianando la strada al rilancio e al cronoprogramma con vista 2023.

Ma, anche qui, proviamo a capovolgere la lettura.

Un successo in Emilia Romagna senza l’apporto del Movimento 5Stelle – col il partito di Di Maio probabilmente destinato a un altro modesto risultato a una cifra – e di Italia Viva di Renzi, che non presenterà il proprio simbolo in questa tornata elettorale, potrebbe convincere il Pd che la partita con la destra sovranista sia ancora aperta. E il popolo del centrosinistra potrebbe di colpo scoprirsi pronto alla sfida, rinfrancato dalla vittoria e rinvigorito dalla vitalità del movimento delle sardine. Significative, in questo senso, le parole di Stefano Bonaccini, presidente uscente e candidato del Pd in Emilia Romagna: “Le sardine stanno riempiendo tante piazze nel Paese ed è un bel segnale. Bello – ha spiegato in un’intervista a Repubblica - perché sono piazze di giovani, che non usano un linguaggio di odio”.

A sinistra, insomma, iniziano a sentire il vento della speranza e le manifestazioni di queste settimane, che vivranno il proprio culmine sabato a Roma, sono un ricostituente naturale per il mondo progressista. La crisi di governo e il voto anticipato sarebbero, a questo punto, una strada praticabile. Il Pd potrebbe approfittare della crisi ( fatale?) del Movimento 5Stelle e, allo stesso tempo, sottrarre al progetto renziano il tempo necessario per organizzarsi in vista delle elezioni.

Solo fantapolitica? Possibile, ma lo era anche l’idea di una crisi di governo scatenata in agosto direttamente dalla spiaggia del Papeete.