A un passo dal crac. La giustizia si conferma snodo insuperabile per la maggioranza persino più della Manovra. Dopo il vertice sulla prescrizione di martedì notte, il Pd è sempre più lontano dal Movimento 5 Stelle. E ha già lanciato il segnale a Giuseppe Conte: tocca al presidente del Consiglio trovare la soluzione, ossia convincere l’alleato ad accettare un limite massimo alla durata dei processi.

Il guardasigilli Alfonso Bonafede ribadisce, nel question time di ieri alla Camera, il suo no alla richiesta dem e parla solo di «rimedi indennitari» per i processi che, dopo lo stop alla prescrizione, durassero troppo. Non va oltre, dunque, l’ipotesi di un «accesso agevolato agli indennizzi ex legge Pinto» per chi fosse assolto dopo una lunga attesa.

Invece il partito di Zingaretti resta convinto che serva «un istituto giuridico in grado di assicurare una durata non illimitata dei processi penali». E chiede anche che il correttivo entri in vigore contestualmente alla norma che abolisce la prescrizione dopo il primo grado. Con la riserva di introdurlo attraverso la legge Costa, in aula a metà dicembre.

Intanto il presidente del Cnf Andrea Mascherin ribadisce, in un’audizione alla Camera, la contrarietà dell’avvocatura al blocca- prescrizione «qualora non vi sia la controprova che i processi dureranno meno». Ecco perché il vertice della massima istituzione forense torna a chiedere «di verificare prima gli effetti della futura riforma penale, per poi valutare se sia davvero necessario intervenire sull’estinzione dei reati».

La prescrizione è una mina anche perché ha una sagoma indecifrabile. Dopo il vertice notturno di martedì pare regni la calma piatta: il Pd fermo nel chiedere correttivi, il guardasigilli Bonafede che continua, come ha fatto al question time di ieri alla Camera, a prefigurare rimedi solo «indennitari» per i processi troppo lunghi. Non si spinge oltre «l’accesso agevolato agli indennizzi ex legge Pinto» già offerti agli alleati.

Ma dietro la quiete cova la tempesta. The big one, verrebbe da dire: perché la giustizia rischia di rivelarsi assai più distruttiva, per la maggioranza, di Manovra e caso Ilva. Il guardasigilli ribadisce all’interrogante Enrico Costa la sua fermezza sul blocca- prescrizione «che entrerà in vigore dal primo gennaio», ma al vertice che poche ore prima lo ha visto fronteggiare Pd, Leu e Italia viva ( Conte arbitro), lo stesso Bonafede si è sentito ripetere che «serve un istituto giuridico in grado di scongiurare una durata potenzialmente illimitata dei procedimenti».

Richiesta formulata dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, che guida la delegazione dem. Lui, il ministro del M5s, respinge senza subordinate l’ipotesi, ampiamente condivisa da Leu e dai renziani. Ma anche se ci si è salutati con un «ci aggiorniamo», il dato vero è che ora il partito di Zingaretti pretende una soluzione dal premier Giuseppe Conte. È lui a dover garantire l’unità d’indirizzo politico nel governo. Ma se non ci riuscisse, è il sottinteso, allora il Pd passerà a vie di fatto.

Tradotto: proporrà in Parlamento o il rinvio della “nuova” prescrizione oppure le soluzioni compensative che Bonafede non intende fare proprie. In particolare, una prescrizione della fase processuale, cioè dell’appello e della Cassazione. Non si tocca lo stop alla prescrizione del reato dopo la sentenza del Tribunale, ma si dichiara decaduta l’azione penale se il secondo grado, o il giudizio di legittimità, si protraggono oltre un tempo limite. Resta insomma solo l’opzione Conte, poi il caso finirà per deflagrare in tutta la sua violenza.

Una soluzione come quella sollecitata dagli alleati al M5s è condivisa anche dalla massima istituzione forense: poco dopo le repliche di Bonafede al sindacato ispettivo voluto a Montecitorio dall’azzurro Costa, il presidente del Cnf spiega la contrarietà degli avvocati «alle sanzioni disciplinari per i magistrati inserite nella bozza di riforma: saremmo assai più favorevoli alla prescrizione del processo, con binari di favor per il recupero del danno sul piano civile». Mascherin lo dice alla commissione Giustizia della Camera, nell’audizione prevista proprio sul testo con cui Costa intende abrogare il blocca- prescrizione.

Spiega, il presidente del Cnf, che il giudizio dell’avvocatura sulla norma voluta dal guardasigilli «resta negativo in assenza di una controprova che i processi dureranno meno e che non diventeranno infiniti». Ecco perché la riforma penale andrebbe «testata, sottoposta un vero e proprio studio d’impatto. Sarebbe necessario sospendere intanto l’efficacia della norma sulla prescrizione», chiarisce Mascherin. «Potremmo poi renderci conto che i processi diventano così veloci da rendere la prescrizione inutile. In assenza di una verifica del genere, è chiaro», ha spiegato ancora il vertice dell’istituzione forense, «come la legge dell’onorevole Costa, che sopprime la norma sulla prescrizione, rischi di diventare l’unica alternativa».

È l’alternativa a cui guarda il Pd? Di certo è lo spauracchio che campeggia al centro della discussione. Il testo del responsabile Giustizia di FI sarà in aula a metà dicembre, in tempo affinché almeno la Camera lo approvi prima del fatidico 1° gennaio. C’è un nodo giuridico assai serio a rendere ancora più precaria la maggioranza sulla prescrizione, ossia il rischio di trovarsi con i futuri processi regolati da tre regimi diversi: prima la riforma Orlando, poi la norma Bonafede e in seguito l’eventuale intervento correttivo. Ecco perché il Pd pretende risposte immediate. Se non da Bonafede, da Conte. O addirittura da un voto parlamentare che potrebbe sancire la fine del governo.