Le carezze di Renzi e le bordate di Bellanova. L’ultima giornata di Leopolda si conclude così come le due precedenti, con lo stato maggiore del nuovo partito a caricare contro alleati e avversari politici e il leader a smussare gli angoli. Con lo sguardo di Renzi ben rivolto all’orizzonte della legislatura e all’elezione del nuovo Capo dello Stato: l’inquilino del Colle sarà espressione di «forze politiche che credono nell’Europa, che non affollano le piazza con Casapound», dice l’ex premier. Assicura i fan accorsi alla convention che il futuro della forza appena nata sarà «in doppia cifra» e indica anche il modo in cui pensa di poterci arrivare: con l’apertura ai moderati del centrodestra, in particolare a «dirigenti e militanti di Forza Italia». Chi fra loro «crede che c’è spazio per un’area liberale e democratica venga a darci una mano», è l’invito di Matteo.

L’avvelenata di Bellanova

Ma per comprendere il peso del suo intervento conclusivo si deve partire dal tono assai più duro scelto dalla ministra dell’Agricoltura, e presidente di Italia viva, Teresa Bellanova, che si spinge a parlare di «bande armate» per descrivere quale fosse il clima nel Partito democratico prima della scissione. Parole che sono state accolte con un misto di sorpresa e rabbia al Nazareno e a poco sono servite le “carezze” arrivate poco dopo da Renzi. E dire che, pochi minuti prima, era stato lo stesso Zingaretti, oggi a Norcia, a cercare di riportare un minimo di calma nella compagine di governo: «Ripartiamo più uniti perché ricordo a tutti che l’avversario è la destra. O si organizza un campo alternativo alla destra o regaliamo il Paese a Salvini». Parole che però non fanno breccia in Bellanova. La presidente di Italia viva sale sul palco e si toglie subito un sassolino: «Quelli che criticavamo il mio vestito» il giorno del giuramento al Quirinale «non attaccavano me ma Matteo Renzi che mi aveva voluto lì». Una polemica che si era andata auto alimentando sui social, ma che non aveva trovato molte sponde tra gli esponenti politici.

La presidente contro le «bande armate» del Pd

Il passaggio più duro, tuttavia, Bellanova lo riserva ai dem: «Non potevamo rimanere più, c’erano troppe guerre e troppe bande armate». E ancora, verso il vicesegretario pd Andrea Orlando: «A quelli che non sanno vedere la differenza tra Papeete e Leopolda diciamo: avete gravi problemi, perché siete animati dal rancore». E questo nonostante lo stesso Orlando abbia negato più volte di aver accostato la Leopolda al Papeete. Una smentita ignorata alla Leopolda, tanto che perfino Renzi dedica una parte del discorso conclusivo al suo ex collega: «Chi ci accosta al Papeete farebbe bene ad andarci».

Renzi: eleggeremo un Capo dello Stato europeista

Fin qui il bastone. Ma Renzi, dal palco, fa largo uso anche della “carota”. L’ex presidente del Consiglio si rivolge a Dario Franceschini e Nicola Zingaretti chiamandoli «amici» per proporre loro di riprendere in mano il progetto Ventotene, quello che voleva fare dell’isola la casa dell’Europa. Ed è a Conte che Renzi offre una vera e propria polizza assicurativa sulle sorti del governo o, meglio, della legislatura. Di più: una polizza assicurativa chiamata Colle. Perché l’ex premier dice a al presidente del Consiglio che questa legislatura deve andare avanti per eleggere un Capo dello Stato europeista e scongiurare che su quella elezione metta le mani Salvini. «Il presidente della Repubblica è fondamentale. Se rimane in vita questa legislatura, sarà espressione di forze politiche che credono nell’Europa, che non affollano le piazza con Casapound. Questa legislatura ha il dovere costituzionale di garantire una maggioranza nettamente pro Europa per l’elezione del Capo dello Stato».

La frecciata dal leader a Salvini: «Don Abbondio...»

Non c’è interesse da parte di Italia viva a destabilizzare lo scenario politico, insomma. Anche se, a ben guardare, Renzi continua a parlare di legislatura e non cita il governo. Certo, diversamente dagli altri big del suo partito, riserva le parole più taglienti non al campo del centrosinistra ma a Matteo Salvini. Chiarisce un’ultima volta che «non faremo un’alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle, quello è un mondo diverso, non è casa nostra», e poi risponde così alla battuta velenosa pronunciata dal leader leghista a piazza San Giovanni: «Salvini ha parlato dei miei genitori dicendo che non sono incensurati, mostrando di non conoscere la Costituzione: chi è in attesa di giudizio è incensurato, chi è stato condanno per oltraggio a pubblico ufficiale non è incensurato». Fino al tocco che chiude la partita: l’ex ministro dell’Interno «non ha avuto il codice di onore di guardarmi negli occhi:pensavo fosse Don Rodrigo, invece è Don Abbondio…».

L’appello agli scontenti di FI: «Venite a darci una mano»

D’altra parte è Salvini il titolare del «nuovo centrodestra» visto che «ieri c’è stato il passaggio di consegne con Berlusconi». Ecco perché Matteo Renzi invita «chi, nel centrodestra, crede del moderatismo democratico» a «venire a darci una mano: Italia viva è aperta, non è un partito fatto da uno perché voleva contare qualcosa». Ed è anche grazie a una simile “apertura” agli scontenti del centrodestra versione sovranista che l’ex premier indica l’obiettivo di Italia viva: «Arrivare alla doppia cifra per noi è minimo sindacale».