Con l'assenso di Washington la Turchia si prepara ad attraversare il confine del nord della Siria per invadere le zone curde. Gli Stati Uniti, da quanto riferiscono gli ossrvatori nella zona, stanno già ritirando i loro effettivi che ammontano a qualche centinaia di unità e che hanno appoggiato le forze curd siriane (Ypg e Fds) nella guerra contro l'Isis. Si tratta di un cambio quasi totale di prospettiva perchè solo a gennaio scorso Donald Trump aveva tuonato contro i propositi turchi minacciando di attaccare economicamente Ankara. Ieri però una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivelato la nuova situazione. La stessa Casa Bianca ha emesso una nota nella quale si ammette che "La Turchia andrà presto avanti con la sua operazione a lungo pianificata nel nord della Siria. Le forze armate degli Stati Uniti non sosterranno né saranno coinvolte nell'operazione e le forze degli Stati Uniti, avendo sconfitto il califfato territoriale dell'ISIS, non saranno più nelle immediate vicinanze”. Inoltre la Turchia dovrà farsi carico di tutti i prigionieri dell'isis, una questione spinosa e che in realtà riguarda diversi paesi europei come Francia e Germania che sul rimpatrio dei combattenti arruolatisi nelle forze del Califfato hanno sempre avuto un atteggiamento di chiusura. L'intento turco è quello di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria cacciando le unità militari curde, fondamentali nella sconfitta dell'Isis, e trasferire almeno due milioni di rifugiati siriani (su un totale di 3,5 milioni) che si trovano in Turchia. In questa situazione pesa lo stallo provocato fino ad ora dall'amministrazione Usa dove non tutti sono a favore dell'intervento di Erdogan e fino ad ora hanno trattenuto Trump. La reazione curda non si è fatta attendere, il portavoce delle Fds, Mustafa Bali, ha chiaramente affermato che «la zona è ora diventata un teatro di guerra. Noi siamo determinati a difendere il nordest a ogni costo». In nord della Siria dunque potrebbe diventare teatro di una guerra permanente e annullare i successi contro i militanti dell'Isis ormai braccati dovunque. la situazione ha messo in allarme la Ue che ha ricordato come  «ogni soluzione a questo conflitto non può essere militare bensì deve passare attraverso una transizione politica, in conformità alla risoluzione Onu ed il comunicato di Ginevra nel 2014».  Ancora più preoccupato l'Onu che attraverso il coordinatore Onu per le operazioni umanitarie in Siria, Panos Moumtzis ha ammesso la sua impotenza: « Ci stiamo preparando al peggio. Non sappiamo cosa succederà. Ma ci prepariamo al peggio».