Renzi, Renzi, Renzi. È il bersaglio di tutti, lo spauracchio, il candidato numero uno a sostituire Salvini nei panni scomodo dell'orco. Lo sospettavano già tutti. Ne hanno avuto inquietante conferma nel pasticcio della Nadef e nella rissosa notte di palazzo Chigi, alla vigilia.

A citare esplicitamente il reprobo è solo Giuseppe Conte. Obliquo e diplomatico come sempre, ' Giuseppi' si limita a smentire quanti ritengono che in questa maggioranza l'ex premer vanti una specie di Golden Share. «Non è vero che sia di Renzi», replica il premier di oggi, Quella Golden Share, assicura, ce l'hanno proprio tutti gli azionisti, dai grandi come l'M5S ai piccini come LeU.

E' un monito, però mascherato bene. In queste cose Conte è impareggiabile. Dario Franceschini non adopera altrettanto tatto. Dopo aver riunito i suoi, subito prima del varo della Nota al Def, ha sparato a zero contro l'ex compagno di partito ed ex alleato nel medesimo partito. Senza nominarlo, è vero, ma non ce n'era bisogno. Quando, nel cinguettio partorito dal minivertice, si allude a quelli che per eccessiva ricerca di visibilità mettono a rischio i governi nessuno dubita su chi sia oggetto del velenoso Tweet. Zingaretti invece la prende più alla larga.

Si affida a Fb, social più attempato e meno sintetico. Si concentra sulla necessità di pensare alla redistribuzione e alle diseguaglianze non solo al taglio delle tasse. Sibillino ma ci pensano le classiche e anonime ' fonti del Pd' a chiarire. Si allude a chi, come Renzi Matteo, ancora si affida a formule desuete, quelle secondo cui basterebbe abbassare le tasse per assicurare crescita. I

l fatto specifico all'origine della corale levata di scudi, in realtà, giustifica solo in parte tanta foga. Italia Viva è certamente contraria alla ' rimodulazione dell'Iva' proposta dal ministro dell'Economia Gualtieri, e tramontata solo in apparenza. Ma altrettanto ostile è l'M5S. Sospettare Renzi di alzare i toni in cerca di visibilità per lanciare il suo nascente partito è inevitabile, ma esigenza parallela alberga anche nei 5S.

Intorno a Renzi aleggia però un sospetto ulteriore, autorizzato dal modus operandi dell'uomo: quello di aver messo in programma sin dall'inizio la fine di questa maggioranza, una volta conquistate le postazioni necessarie in termini di incarichi e di legge elettorale, non come optional ma come passaggio inevitabile. E' evidente che, ove si creassero condizioni particolarmente favorevoli, neppure i 5S e il Pd esiterebbero a rompere un'alleanza dettata solo da un probabilmente transitorio comune interesse.

Nessuno dei due partiti maggiori ha però interesse a far fallire un governo dal cui crollo verrebbero travolti. Il caso di Renzi, che si pone come antagonista rispetto sia al suo ex partito che ai 5S e che, pur avendolo fatto nascere, ha assunto una posizione di confine rispetto al governo, coinvolgendosi sì ma non troppo, è opposto.

E' opinione comune che, prima o poi, il ragazzo di Rignano dovrà provocare la crisi, addossandone la responsabilità alle politiche troppo sbilanciate a sinistra degli altri due soci. Pd e M5S hanno tutto l'interesse a dimostrare di poter governare insieme. Renzi deve invece provare che quei due partiti non possono governare, o almeno che non possono farlo se non sotto la guida di un premier centrista.

Da questa esigenza ne deriva una seconda, decisamente più immediata. Renzi deve bersagliare il governo su ogni scelta che appaia sbilanciata, sia per marcare la differenza sin da subito, sia per preparare il terreno a una rottura, che certo arriverà solo quando il partito dell'ex premier sarà pronto e quando sarà stata varata una legge elettorale quanto più proporzionale possibile, ma che non potrà essere un fulmine a ciel sereno.

Tra tutte le leggi, nessuna si presta alla bisogna come la legge di bilancio, nella quale sono inevitabilmente in ballo gli interessi materiali divergenti e a volte confliggenti delle diverse fasce di popolazione.

I renziani contrastano la rimodulazione dell'Iva, diversa dall'aumento selettivo più nel titolo che nella sostanza, molto più fragorosamente dei 5S, perché non mirano solo a difendere la scelta di non alzare la tassa ma anche a imporsi come difensori degli interessi del ceto medio e medi alto.

I renziani sono i più agguerriti nel combattere il progetto del ministro della Sanità Speranza, che vorrebbe introdurre la progressività nei ticket, perché penalizzarebbe appunto le fasce medie. E' possibile che nella convinzione diffusa nella maggioranza di doversi guardare da Matteo Renzi ci sia una componente di pregiudizio. Ma di certo non c'è solo quella.