Mossa decisiva per sbloccare la situazione? O l’indizio che il groviglio del nuovo governo resta inestricabile? Ancora non è chiaro quale effetto produrrà il suggerimento di Dario Franceschini per sradicare il nodo Di Maio: «Cominciamo a eliminare entrambi i posti da vicepremier», twitta nel pomeriggio l’ex ministro. Nell’incertezza, due punti fermi. Innanzitutto la condivisione del segretario Nicola Zingaretti, che rilancia il tweet e lo presenta come «un altro contributo del Pd per far decollare il governo». L’altro dato chiaro è che al Movimento 5 Stelle l’idea suona in modo sgradevole: «Franceschini vuol far fuori Di Maio da Palazzo Chigi», scrive su facebook il pentastellato Gianluigi Paragone.

Gli auspici di Conte, le strategie dem

È una domenica sospesa, quella vissuta attorno ai destini del Conte bis. Segnata innanzitutto dalle dichiarazioni del presidente del Consiglio incaricato: «Martedì o al massimo mercoledì sciolgo la riserva, spero in modo positivo». Fino al nuovo tentativo dem di liberare il campo dalla “questione Luigi Di Maio”. E cioè dallo scontro fra i promessi alleati sul peso del capo politico m5s nel nuovo esecutivo. Se Zingaretti definisce il tweet di Franceschini come un espediente per «sbloccare» l’impasse, una buona fetta del suo partito interpreta il segnale dell’ex ministro dei Beni culturali come una risposta costruttiva proprio alla intransigenza del segretario. Anche il capogruppo al Senato Andrea Marcucci rilancia il tweet sul Conte bis senza vicepremier.

Renzi: governo per il Pil, o non avrà nostri voti

Ma in realtà è soprattutto Matteo Renzi a dare l’impressione di non volersi impiccare al puntiglio di Zingaretti sulle figure da affiancare al presidente del Consiglio: «Non mi riguarda, non mi esprimo. Io non metto veti», dice l’ex segretario dem in un’intervista al Sole-24Ore. «Un veto su un nome l’ho messo: ed è il mio. Voglio dimostrare che si può orientare la politica anche solo con le idee, non solo con le poltrone. Ciò che farà Di Maio sinceramente non mi sembra così decisivo: non suoni arrogante il mio ragionamento», aggiunge Renzi con il solito stile affilato, «ma fatico a considerare Di Maio come il problema o la risorsa decisiva di questo Paese». Fino alla sottile punzecchiatura finale, tutta per l’attuale segretario del Pd: «Se il futuro dell’Italia dipende da cosa fa Di Maio, significa che siamo messi male. Facciano loro, decideranno Zingaretti e Di Maio. Poi passiamo alle cose serie». Il punto è che tra le cose serie c’è un esecutivo che, avverte sempre l’ex premier e leader democratico, deve essere un «governo per il Pil» oppure «non avrà i nostri voti». Più che un ultimatum ai 5 Stelle, un messaggio a Zingaretti sul fatto che i gruppi democratici sono pur sempre a maggioranza renziana. Ad accorgersene è proprio Paragone. Che infatti nel suo messaggio su facebook così commenta le parole di Renzi e Franceschini: «Il primo fa capire chi comanda. Il secondo vuole far fuori Di Maio da Palazzo Chigi».

Conte: «Mercoledì sciolgo riserva, poi faremo la squadra»

A Palazzo Chigi intanto continua ad avere il proprio quartier generale Giuseppe Conte. Il presidente incaricato interviene in collegamento dal suo studio alla festa del Fatto quotidiano in corso alla Versiliana: «Non lunedì, ma tra martedì, massimo mercoledì dobbiamo poter chiudere», dice appunto il premier, con l’auspicio di sciogliere «positivamente» la riserva. La squadra dell’esecutivo che guiderà non è ancora pronta, aggiunge, «ma questa non è la priorità del presente». Lo è invece il programma, che non sarà un contratto stile Lega-M5s ma un unico testo «condiviso» in cui «sarà difficile distinguere una misura o un obiettivo che sta a cuore a l’una o all’altra forza politica». Quando il programma sarà definito, Conte inviterà Movimento 5 stelle e Partito democratico «a sedersi intorno a un tavolo e a dare suggerimenti, non indicazioni secche ma aperte, in modo da poter scegliere la migliore squadra». Intanto si limita ad assicurare che lavorerà perché non sia una compagine tutta al maschile. A chi gli chiede se si senta un premier cinquestelle dà una risposta articolata: «Non sono iscritto al Movimento, non partecipo alle riunioni del gruppo dirigente: definirmi dei 5 stelle mi sembra formula inappropriata. Rimane però il dato che c’è molta vicinanza, e il Movimento, e in particolare Di Maio, mi ha designato come presidente. Sono dati di fatto, poi le valutazioni le lascio a tutti». Nel suo intervento parla anche di economia («adeguare il patto di stabilità al nuovo ciclo economico»), di migranti («chi sbarca in Italia, sbarca in Europa») e anche di calcio. Rivendicando la sua fede giallorossa replica a chi gli ricorda il derby Lazio-Roma con un «incrociamo le dita...»