Il garantismo può essere principio ordinatorio che coniuga rispetto delle regole, tutela dei diritti ed esercizio della giustizia. Per farlo, però, è fondamentale analizzare quale idea di Stato lo presuppone. Su questo tema sono intervenuti durante la tavola rotonda “Garantismo: un’idea di Stato” coordinata dal direttore del Dubbio, Carlo Fusi - il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick; il Presidente della Scuola Superiore della Magistratura e Presidente Emerito della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri; il Giudice della Corte Costituzionale Giulio Prosperetti; il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Riccardo Fuzio; il Presidente Emerito del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa e il fondatore del Censis, Giuseppe De Rita.

«Interrogandosi sulla forma di Stato, bisogna notare come più si indebolisce il ruolo del Parlamento, più si allarga il ruolo del giudice come portatore di giustizia», ha esordito Flick, che ha poi affrontato il ruolo dell’avvocato in questo contesto: «La nostra professione è diventata più complessa, perchè sono venuti meno i parametri della certezza del diritto, che significa uguaglianza e anche prevedibilità del comportamento. Di fronte alla caduta della dimensione formale della norma, oggi condizionata dall’interpretazione giuridica, il ruolo dell’avvocato diventa ancora più mediatore». Di conseguenza, «Oggi, l’avvocato è chiamato a un ruolo di mediazione tra giustizia, politica e realtà sociale: l’esempio sono gli avvocati tunisini, che in toga si schierarono tra i contendenti politici, impedendo che la discussione degenerasse in crisi di piazza». Quanto al ruolo in questo sistema della Corte Costituzionale, il presidente emerito Gaetano Silvestri ha spiegato come «nel lavoro di bonifica costituzionale dell’ordinamento, l’avvocato ha un ruolo fondamentale: porta gli interessi della società civile dentro il sistema costituzionale e congiunge così la sua responsabilità verso il cliente e quella verso l’ordinamento». Questo è possibile perchè «se il difensore riesce a proporre al giudice una interpretazione della norma costituzionalmente conforme, da un lato ha risolto il caso in modo favorevole per il suo cliente, ma ha fatto anche fare un passo avanti all’ordinamento. In questo modo, la Consulta diventa organo di chiusura». Non solo: «Oggi è fuorviante parlare di diritto alla sicurezza, perchè l’unica sicurezza vera è la sicurezza dei diritti. Se la legislazione ordinaria non dà a un diritto fondamentale tutelato nella Costituzione la possibilità di esplicarsi, allora quella norma deve essere cambiata. Se non ci pensa il legislatore, andrà fatto con l’interpretazione conforme o con la questione di legittimità costituzionale». In sintesi, secondo Silvestri: «Alla certezza del diritto va sostituita la certezza della tutela dei diritti e in questo gli avvocati hanno un ruolo centrale». Lo ha ribadito anche il procuratore generale, Fuzio: «Il fulcro della giurisdizione è il primo grado, perchè lì l’avvocato imposta la causa e porta davanti al giudice le domande per l’affermazione di un diritto». Eppure, in questo sistema, «il garantismo non è e non può essere un principio che si rivolge solo ai singoli, ma deve coinvolgere le garanzie costituzionale di tutto lo Stato. Di conseguenza, l’obiettivo di tutti noi deve essere quello di allargare i confini della giurisdizione». In particolare, sul fronte della magistratura, Fuzio ha ricordato come sia centrale «richiamare l’importanza dell’ufficio del pubblico ministero, con una visione che sia collettiva e sospendendo l’immagine, a volte enfatizzata dalla stampa, di una visione proprietaria del singolo magistrato di un fascicolo d’indagine».

A scardinare la visione è poi intervenuto De Rita, che da ricercatore sociale ha spiegato come «oggi non esistono più sistemi, e tutti quelli che ancora ci sono, sono in crisi. Viviamo in una società molecolare e l’avvocato è proprio colui che può interpretare al meglio questa nuova realtà, perchè conosce la legge ma viene dalla società civile, vive i comportamenti e ha una sua naturale propensione a fare il gestore dei meccanismi». Eppure, secondo De Rita, anche l’avvocato deve provare a cambiare pelle: «La professione deve cambiare ottica, non può più sentirsi calata dall’alto ma deve partire da terra, per ricucire conflitti e gestire il processo sociale. In una battuta: l’avvocato non deve occupare spazi, ma gestire i processi sociali di lotta tra le molecole della società».

Storicamente, ha ricordato il giudice costituzionale Prosperetti, «il diritto cammina sulle gambe degli avvocati, che da sempre trovano le vie giurisprudenziali per dare applicazione ai diritti». Eppure, oggi la «società ha cambiato i suoi connotati e la crisi non è tanto economica quanto giuridica: molti istituti vanno riformulati, cambiandone proprio i parametri. Pensiamo a un problema come quello dell’immigrazione, come si può pensare di risolverlo con istituti settecenteschi come l’asilo politico? Eppure manca un dibattito». Insomma, il lavoro del giurista non può più essere solo quello dell’interprete delle norme, ma «deve farsi anche promotore di una giurisdizione capace di reinterpretare la realtà», mentre la Corte Costituzionale deve «estrarre i diritti che sono nascosti nelle pieghe della Costituzione, in modo da dargli valore di diritti soggettivi».

In conclusione, è intervenuto il presidente emerito del Cnf, Guido Alpa, il quale ha argomentato come «per garantire i diritti servono magistrati, avvocati e accademia, che ricoprano anche un ruolo sociale. Oggi la difficoltà dell’avvocato è quella di rendersi conto che le categorie che aveva studiato all’università non sono più sufficienti a decifrare i fenomeni». In termini giuridici, «il giusformalismo non è più sufficiente a risolvere i problemi: occorre prendere atto che non possiamo più ragionare in termini di fattispecie, ma in termini di valori, che sono quelli costituzionali, nella Carta europea diritti fondamentali e Carta europea diritti umani». Da civilista ha tradotto il co cetto ribadendo come oggi «il principio di effettività implica non tanto effettività del ricorso, ma effettività del rimedio: è quello che da effettività al diritto, ciò che si ottiene dal giudice».

Da ultimo, Alpa ha sottolineato come proprio l’inserimento della figura dell’avvocato in Costituzione «ne rafforza autonomia e indipendenza, difendendo l’avvocato dal potere e anche dalle limitazioni che altrimenti potrebbero essere imposte alla professione».