«Spuntano tangenti ovunque, giorno dopo giorno, che coinvolgono ogni comparto cruciale del nostro Paese». Le operazioni della Guardia di Finanza - che alle prime ore del mattino eseguono l’ordine d’arresto disposto dalla Procura di Busto Arsizio ai danni del sindaco leghista di Legnano, Gianbattista Fratus, e di altri membri della Giunta - sono terminate da poco quando Luigi Di Maio consegna a Facebook le sue preoccupazioni. A turbare la serenità del capo politico del Movimento 5 Stelle sono «i casi emersi in questi giorni di nuovi arresti e indagati, tutti per aver preso tangenti o per presunti reati di corruzione, che hanno coinvolto sia la destra che la sinistra», scrive il ministro dello Sviluppo economico. Che poi rivendica la fermezza del suo partito di fronte al caso Siri, un atteggiamento che ha tutelato «l’immagine del governo e del Paese», sostiene Di Maio.

E mentre la Lega prova a capire cosa stia accadendo in una città simbolo per il Carroccio come Legnano, il vice premier pentastellato ne approfitta per rispolverare la vecchia retorica grillina sui vizi della partitocrazia, da cui, ovviamente, il suo movimento sarebbe immune. «Il sistema dei partiti continua ad essere fortemente inquinato», sentenzia il leader 5S. Le mazzette «pesano sulle nostre tasse, su quelle dei cittadini, sui servizi, sulla crescita», vanificano «lo sviluppo e gli interventi di politica economica, danneggiando le nostre imprese», aggiunge, nello stesso momento in cui Matteo Salvini, il suo socio a Palazzo Chigi, rinnova «fiducia» nei suoi «uomini e nella magistratura». Per il segretario del Carroccio, che invita tutti a partecipare alla manifestazione in programma a Milano sabato prossimo, «la Lega è sotto attacco, vogliono impedire la nostra vittoria con ogni mezzo! Chi tace è complice. Scriviamo la Storia insieme!», annuncia su Facebook il ministro dell’Interno.

Ma il numero uno del M5S fa finta di niente, non si cura delle parole dell’alleato/ avversario e continua a sciorinare numeri sul peso della corruzione per i contribuenti per recuperare terreno nel cuore degli elettori: «Negli ultimi 3 anni la corruzione in Italia è aumentata del 74 per cento, per un peso di decine e decine di miliardi, circa 585 miliardi di euro sarebbe il differenziale tra i costi con il dato in Germania», scrive sulla sua pagina.

Del resto, l’obiettivo pentastellato è fin troppo scontato: sfruttare ogni notizia giudiziaria a fini elettorali. E con le Europee così vicine, Luigi Di Maio non si lascia sfuggire l’occasione per ribadire un concetto dal sapore antico per i grillini: «Destra e sinistra non sono mai cambiate e la scelta in vista delle prossime europee, oggi, sembra essere più chiara che mai: il 26 maggio la scelta sarà tra noi e questa nuova tangentopoli. Tra noi e la corruzione». Come già accadde a Renzi, e solo pochi giorni fa Salvini, neanche il primo iscritto del Movimento riesce a resistere alla tentazione di trasformare un appuntamento elettorale in un referendum “personale”.

«La scelta sarà tra chi non vuole tornare al passato, ma vuole guardare avanti, e chi invece fa di tutto per lasciare tutto com’è. Il Movimento 5 Stelle c’è, è vicino alla gente perbene e non molla di un solo centimetro», spiega Di Maio, concludendo il suo post elettorale. Perché il maggior partito italiano vorrebbe presentarsi ai cittadini come unica forza morale del Paese, la sola a disporre di anticorpi contro il malaffare che invece attecchisce facilmente in tutte le altre organizzazioni. Destra e sinistra tornano a essere la stessa cosa per il ministro del Lavoro.

«Ciò che ha detto è proprio una cosa stupida, dovrebbe portare me a parlare di tutte le indagini che hanno riguardato esponenti M5s, ma io non lo faccio perché sono una persona civile», replica infastidito il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. «Non ci servono atteggiamenti ipocriti di chi parla di giustizia di partito per cui quando gli accusati sono dei Cinque stelle possono rimanere a fare il proprio dovere e quando, invece, sono degli altri partiti al primo avviso di garanzia sono dei condannati», insiste il leader dem, alludendo alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. Per Zingaretti, le contraddizioni di Di Maio dimostrano «ancora una volta che» il vice premier 5S «sulla risoluzione dei problemi ha poco interesse ma punta solo a catturare con l’emotività il consenso delle persone anche con enormi contraddizioni come quando dice che è una vergogna che il ministro Salvini è alleato con i neonazisti ma poi gli permette con i voti di fare il ministro dell’Interno», aggiunge il segretario del Pd, puntando il dito sulle ambiguità pentastellate.

E in questa gara di moralità variabile si inserisce anche Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana. «Ricordo a Di Maio che il presidente del consiglio comunale di Roma poco tempo fa è stato arrestato per corruzione. Quindi è tutto dentro questa nuova questione morale», dice Fratoianni. «Siamo noi che invece ne siamo fuori». La gara al partito più pulito può proseguire. In attesa del prossimo indagato da buttare in campagna elettorale.