Guardo con attenzione, anche apprensione, cosa farà il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti, per ricostruire un partito di sinistra democratica in tutto il territorio nazionale. Vorrei anticipare le obiezioni di qualche cretino che osserverà: “volete rifare la “Ditta”, cioè un partito che somigli al Pci”. Siccome io avrò tanti limiti e difetti ma non sono un cretino, ripeto quel che ho detto altre volte: penso che occorra all’Italia e all’Europa un partito che nel 2019 guardi al futuro, a ciò che è, e può essere, la sinistra nell’epoca in cui viviamo.

Senza cancellare la storia - perché non si costruisce nulla sul nulla cogliendone quel che è vivo e quel che è morto. E la sinistra, a mio avviso, non è un cadavere da seppellire ma una storia che ha bisogno di un continuo rinnovamento in rapporto a quelle che sono le coordinate economiche, sociali, civili della società. Quindi, fare un partito di sinistra oggi significa radunare energie che gli diano una base politico- culturale sulla quale sia possibile indicare gli obiettivi di oggi nell’agone politico e quelli di una prospettiva a cui tendere.

Fatte queste considerazioni, vorrei dire a Zingaretti che se, come si legge sui giornali senza smentite e chiarimenti, vuole comporre la sua segreteria con tutti i segretari regionali vuol dire non volere costruire un gruppo dirigente e radunare quelle energie cui ho accennato.

Occorre, piuttosto, con pazienza e gradualità, esaminare cosa esattamente sia il Pd soprattutto nel Mezzogiorno, dove il tradizionale trasformismo si è moltiplicato in questi anni.

Berlusconi, nel Sud, ebbe una folla di adesioni. Poi, negli anni in cui il Pd è stato al governo, specie con Renzi, i residuati dei partiti di centro e di destra, politicamente disoccupati, si arruolarono per restare a galla nel potere locale.

La trasmigrazione è nelle cose che si son viste. Oggi, infatti, c’è la corsa verso la Lega di Salvini che, partendo da zero, tende a primeggiare. Comunque, ancora oggi nel Pd meridionale prevale un notariato multicolore. E tanti giovani che hanno, anche istintivamente, una vocazione politica di sinistra e fanno esperienze in tante associazioni, nel sindacato e nel volontariato, potrebbero e anche vorrebbero addirittura impegnarsi nella battaglia politica, in un partito che abbia un profilo chiaro e un quadro che lo possa esprimere.

So bene che non è questa un’opera che si possa realizzare dall’oggi al domani. Ma bisogna cominciare e dal centro bisogna inviare segnali forti dicendo che in questo partito si vuole raddrizzare la barra. La costruzione di un gruppo dirigente che si proponga questi obiettivi può essere il segnale di cui parlo.