E alla fine Roberto Formigoni entrò in carcere. Da solo, senza attendere la notifica da parte dei carabinieri dell’ordine di esecuzione della pena. L’ingresso all’istituto penitenziario di Bollate, alle porte di Milano, è avvenuto ieri mattina. Numerosi erano i giornalisti ad attendere l’ex presidente della Regione Lombardia, condannato in via definitiva a cinque anni e dieci mesi nel processo sulle fondazioni Maugeri e San Raffaele. Secondo i giudici, il Pirellone avrebbe modificato la legge sul no profit e riconosciuto fondi per le funzioni non tariffabili, per favorire la Maugeri e il San Raffaele con rimborsi pubblici.

In cambio, a Roberto Formigoni sarebbero state concesse varie utilità, come viaggi in posti esotici o soggiorni in alberghi di lusso. L’ex presidente della Regione Lombardia “paga” dunque per tutti. I dirigenti che hanno materialmente redatto le delibere, frutto degli asseriti accordi corruttivi, erano stati infatti assolti già in primo grado. Mai indagati, poi, i consiglieri regionali e i componenti della sua Giunta che avevano votato negli anni i provvedimenti prezzo della corruzione. Ma tant’è.

L’ordine di esecuzione della pena era stato firmato dal sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna. Gli avvocati di Formigoni, Mario Brusa e Luigi Stortoni, hanno però presentato già ieri mattina istanza per la sua sospensione, chiedendo per il proprio assistito i domiciliari. Due i motivi alla base dell’istanza: il primo anagrafico, in quanto Formigoni è ultra 70enne ( compirà 72 anni fra qualche giorno); il secondo perché le nuove disposizioni anti corruzione appena introdotte dal Governo non si applicherebbero a questa sentenza in quanto legge posteriore ai fatti oggetto del processo.

La legge “Spazzacorrotti”, come noto, ha inserito i reati contro la PA nell’art. 4 bis dell’Ordinamento penitenziario. Cioè fra i reati, come quelli per mafia e terrorismo, ostativi a tutti i benefici penitenziari, tranne la liberazione anticipata. Lamanna, ricevuta l’istanza dei difensori di Formigoni, ha trasmetto le carte, allegando il proprio parere negativo, alla quarta sezione penale della Corte d'Appello, la stessa che condannò Formigoni in questo processo a sette anni e mezzo, per la decisione. Che si prevede avverrà in tempi rapidi. Secondo la tesi prevalente, le norme sull’esecuzione della pena introdotte dallo “Spazzacorrotti” riguardano il diritto processuale e non il diritto sostanziale. Altrimenti non sarebbe stato possibile una riforma in “pejus”. La riforma sta facendo già molto discutere su questo punto. Per quanto attiene l’esecuzione della pena, invece, sarà il giudice Gaetano La Rocca del Tribunale di sorveglianza del capoluogo lombardo ad occuparsi del detenuto Formigoni. La Rocca, prima di andare in Sorveglianza, era presidente del collegio che ha condannato Formigoni in primo grado a sei anni. Da quanto si apprende, il ruolo di magistrato di Sorveglianza non sarebbe però incompatibile con il ‘ suo’ condannato da giudice. In questa grande “confusione” giudiziaria non è da escludersi che venga sollevato un conflitto davanti alla Corte costituzionale. Lo “Spazzacorrotti” potrebbe essere messo in discussione per aver violato il principio della ragionevolezza della previsione. In caso fosse, sarebbe però alquanto difficile avere una risposta in tempi rapidi. Alla Consulta occorrono molti mesi solo per la fissazione dell’udienza. A favore dello Spazzacorrotti ci sarebbe, comunque, l’autonomia del legislatore in tema di esecuzione della pena. Al momento, quindi, l’unica strada che potrebbe portare Formigoni “fuori” dal carcere è l’incompatibilità per motivi di salute. Una strada che chi conosce bene l'ex presidente della Regione Lombardia sa bene non verrà mai percorsa.