Nicola Zingaretti è ancora segretario del Pd solo in pectore ma inevitabilmente sta già mettendo a punto una strategia per quando la corona gli sarà stata assegnata dal congresso. Quella strategia guarda al Movimento 5 Stelle, si basa sul superamento della chiusura totale imposta da Renzi e sin qui confermata dall'intero stato maggiore del Pd. Non se ne può ancora parlare apertamente, altrimenti proprio il braccio di ferro su questo punto determinante diventerebbe il solo terreno congressuale e i rischi di scissione sarebbero incombenti. Ma il governatore del Lazio sa perfettamente di dover percorrere proprio quella strada impervia, semplicemente perché altre non ce ne sono. Sin qui l'immobilità del Pd dal giorno delle elezioni politiche in poi, dunque da quasi un anno, è stata giustificata proprio con l'assenza di un segretario e anche così è stata a dir poco incresciosa. Continuare nella stessa immobilità anche dopo la scelta del segretario sarebbe esiziale: imperdonabile e quasi certamente imperdonato dagli elettori. Ma limitarsi alla riproposizione di un centro sinistra oggi impraticabile per mancanza di soggetti con i quali ricostituirlo sarebbe una palese presa in giro, un modo per nascondere l'incapacità di mettere in campo una strategia politica, peraltro già adoperato con scarsi risultati in termini di consensi.

Se al timone ci fosse Renzi, ufficialmente o dietro le quinte poco importa, verrebbe quanto meno considerata l'opzione centrista, una trasformazione definitiva del Pd in partito di centro aperto ad alleanze e accordi con l'unico altro partito di centro che ci sia, con Forza Italia. Ma con Renzi tagliato fuori dal ponte di comando anche questa via è preclusa e comunque sarebbe difficilmente accettata da una base elettorale nutrita per decenni da una dieta di antiberlusconismo.

Dunque la sola possibilità è riaprire i canali diplomatico con il Movimento di Grillo e Di Maio. Nei progetti di Zingaretti dovrebbe trattarsi di un cammino da percorrersi a piccoli passi e senza fretta, nell'arco di un anno almeno, in modo da rendere digeribile per l'elettorato un'ipotesi di alleanza esclusa sino a ieri come se si trattasse del demonio in persona. Sarebbe inoltre utile, quasi necessario, partire dopo un ridimensionamento dei 5S nelle elezioni eruopee. Il voto comune per lo sgombro immediato di Casapound nel consiglio comunale di Roma, ieri, potrebbe essere appunto uno di quei piccoli passi.

Non è detto però che la realtà conceda al futuro segretario i tempi medio- lunghi sui quali conta, e se le cose precipiteranno tutto diventerà più difficile. Una crisi nell'arco di pochi mesi imporrebbe infatti una scelta difficile, quella tra lo sfidare nuove elezioni senza essere ancora pronti e oltretutto trovandosi costretti a dichiarare in anticipo quale sarebbe l'atteggiamento nei confronti dei pentastellati nella nuova legislatura e il tentare una maggioranza alternativa Pd- M5S.

Per i 5S sarebbe un passo difficile ma che non si può escludere, soprattutto se il risultato delle europee sarà simile a quello previsto dai sondaggi. In quel caso, infatti, una nuova chiamata alle urne potrebbe risultare tanto temibile per Di Maio quanto per il Pd. Soprattutto a fronte di una situazione economica difficile o peggio, con Mattarella che farebbe il possibile per evitare lo scioglimento della legislatura l'ipotesi di una coalizione opposta a quella che governa oggi ma sempre con M5S come perno sarebbe praticabile.

L'ostacolo, e si tratta di un ostacolo probabilmente insormontabile, sarebbe rappresentato da quell'area del Pd assolutamente ostile a ogni rapporto con M5S: l'area renziana che, al Senato è sufficientemente forte per impedire a un governo Pd- M5S di ottenere la fiducia e che avrebbe buon gioco nell'affermare che una simile sterzata non può essere operata senza passare per le elezioni. Ma questi sono scenari ipotetici, condizionati da troppe variabili oggi ignote. La sola certezza è che, salvo cambiamento radicale del quadro generale, il futuro segretario del Pd, se sarà Zingaretti, piloterà la nave del Nazareno in direzione M5S.