Una delle sessioni del congresso nazionale dell’Associazione nazionale magistrati in corso a Siena è stata dedicata questa mattina al tema dell’organizzazione. Un argomento centrale per il presidente della Settima commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente sull’organizzazione degli uffici giudiziari, il consigliere togato Claudio Galoppi. Secondo Galoppi, l’attività dell’attuale consiliatura è stata caratterizzata da un «percorso di forte innovazione riformistica»  che non ha precedenti. Oltre all’importante lavoro svolto, infatti, sulla dirigenza e sulla disciplina degli uffici di Procura con la circolare di prossima approvazione, l’organizzazione della giurisdizione «è un fattore culturale ormai imprescindibile». Il lavoro è stato svolto tramite una interlocuzione con i capi degli uffici e con l’avvocatura. Un metodo innovativo di condivisione delle riforme. «La legittimazione della magistratura passa attraverso la sua professionalità in modo che possa dimostrare di essere un servizio alla collettività», ha aggiunto il presidente della Settima commissione. Riguardo al positivo confronto fra Csm e Consiglio nazionale forense, Galoppi ha voluto sottolineare il protocollo sul gratuito patrocinio in tema di protezione internazionale e la risoluzione sull’esame preliminare sulle impugnazioni in secondo grado. Sulla necessità di una «giustizia condivisa» si è poi espresso il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin, rivendicando la partecipazione dell’avvocatura in questo percorso di riforme. Secondo il vertice del Cnf è fondamentale un «recupero di autostima della giurisdizione ponendo al centro i diritti e le garanzie», anche perché il sistema italiano è «il migliore». Il pericolo viene dall’attacco in corso all’autonomia all’indipendenza della magistratura. Mascherin ha voluto ricordare che «le sentenze sono emesso in nome del popolo italiano e non secondo la volontà del popolo». In un periodo di populismo dilagante, la magistratura corre  però il rischio di essere “giudicata” dal popolo, attraverso il meccanismo social, se la decisione non accontenta le aspettative. L’assoluzione, massimo esempio dello stato di diritto, viene quindi vissuta come una sconfitta. «La magistratura è un potere e come tutti i poteri deve avere equilibratore, esterno come la politica, o interno come l’avvocatura», ha poi ribadito il presidente del Cnf. È necessario un confronto che abbia al centro le regole e che le riforme siano condivise. Un accenno, infine, alla presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari nella fase valutativa dei magistrati che, proprio in virtù di questo percorso condiviso, «non deve essere imposta dagli avvocati o dalle leggi ma dovrà essere richiesta dalle toghe stesse».