Il Rosatellum prevede all’articolo 14bis che, assieme al contrassegno del partito o della lista elettorale, si depositi anche «nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica». Un dettaglio sfuggito a molti che riporta Silvio Berlusconi al centro della scena politica italiana. Qualcuno dubita infatti che un centrodestra riunito possa esser guidato da altri che non da Silvio Berlusconi?

«Ma perché non votiamo anche noi la fiducia? ». L’entusiasmo di Silvio Berlusconi per la novella legge elettorale era giunto a un punto tale, nei giorni scorsi, che è toccato a Renato Brunetta spiegare che no, presidente, votare la fiducia al governo non si può, noi siamo all’opposizione... E così Forza Italia e Lega nella decisiva giornata del 12 ottobre si sono limitate ad agevolare in ogni modo, anche con l’astensione, il varo della legge Rosato.

Ma l’entusiasmo di Berlusconi è rimasto intatto. Il perché, in una legge tanto discussa, sta in un dettaglio finora rimasto quietamente in ombra. Ed è un dettaglio che riporta proprio Berlusconi al centro della scena politica italiana.

Il Rosatellum infatti prevede all’articolo 14bis che, assieme al contrassegno del partito o della lista elettorale, si depositi anche «nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica». Qualcuno dubita che il capo di Forza Italia sia Silvio Berlusconi? Qualcuno dubita che un centrodestra riunito possa esser guidato da altri che non da Silvio Berlusconi?

Ecco dunque che, anche qualora il prossimo 22 novembre la Grande Chambre europea dovesse pronunciarsi sfavorevolmente circa il ricorso per impugnare l’incandidabilità prevista dalle legge Severino - in virtù della quale l’ex premier venne fatto decadere da senatore - Berlusconi tornerebbe comunque al centro della vita politica e soprattutto istituzionale italiana. Non candidandosi - se il ricorso di Strasburgo gli dovesse essere sfavorevole - ma con piena cittadinanza politica. Inoltre, se andranno avanti i processi di aggregazione che il Rosatellum favorisce, e cioè le coalizioni anche nella semplice forma di apparentamenti tra liste, qualcuno può seriamente dubitare che il leader di una lista Forza Italia- Lega- Fratelli d’Italia non sarebbe Silvio Berlusconi? E se quella lista/ coalizione che al momento è registrata nell’ultimo sondaggio (Demos) come possibile vincente al 34 per cento ( senza la rilevazione della “lista Dudù” della Brambilla, che veleggia verso il 2%...) fosse davvero preminente al voto del 2018, cosa impedirebbe a Berlusconi di pretendere un ministero di peso, o addirittura un ritorno a Palazzo Chigi? Per i ruoli di governo, mica c’è l’obbligo di esser passati per le elezioni...

Ecco che dunque, mentre i più si impegnano nell’impossibile calcolo di stabilire a favore di chi gira il pallottoliere del Rosatellum, una cosa è certa: il ritorno in piena legittimità di Silvio Berlusconi, con proiezione di un possibile ruolo di governo. Il problema è che è ancora vivo il ricordo dell’autunno 2011, quando il premier italiano continuava a negare la crisi economica, si palesava un nuovo rischio default dopo la Grecia.

Tuttavia se il centrodestra vincesse le elezioni, o fosse necessario un nuovo governo di “solidarietà nazionale” con il Pd, come potrebbe il capo dello Stato respingere le richieste del “capo della forza politica” risultata prima o seconda alle elezioni? Un distico è stato aggiunto all’articolo 14, «fatte salve le prerogative del Presidente della Repubblica» : ma è in tutta evidenza solo una foglia di fico.

Il veleno nella coda della legge elettorale sembra poi essere come una variabile secondaria, degna di neanche troppa attenzione rispetto all’interesse primario del Pd. Perché il Rosatellum fa anche espresso riferimento allo statuto della “forza politica”. E nello statuto del Pd vi è il nome e cognome del segretario politico che è anche il candidato premier: Matteo Renzi.

Se il Pd si presenterà alle elezioni, come previsto, in quanto partito e con liste collegate ( il Rosatellum parla di coalizioni solo nei termini di “collegamento delle liste in una coalizione”) il “capo della forza politica” e candidato a Palazzo Chigi sarà Renzi. Di coalizione del centrosinistra ( che anche a termine di statuto Pd prevederebbe delle nuove primarie) non si sente infatti più neanche parlare, dopo un’intera estate trascorsa a concionare. E non si vede come il prevedibile risultato negativo del Pd alle regionali in Sicilia possa riportRe l’ipotesi sul tavolo, data la mancanza di volontà politica. Sembra dunque che, ancora una volta, la preoccupazione principale nello stilare la legge elettorale sia stata blindare Renzi. Blindando, oplà, anche Berlusconi.