Diana Johnstone è una donna dallo sguardo gentile e i giudizi severi, laureata in letteratura francese all’Università del Minnesota, scrittrice, giornalista, intellettuale, negli anni 60 era in prima linea contro la guerra in Vietnam, esperta di politica estera americana è stata corrispondente in Europa del magazine In These Times e portavoce del gruppo parlamentare verde al Parlamento di Strasburgo dal 1990 al 1996. Residente a Parigi da quasi trent’anni, è una critica tenace della linea « neoimperialista » degli Stati Uniti e dei loro alleati europei inaugurata con la guerra in ex Yugoslavia, un’avventura denunciata nel sulfureo saggio Fools’ Crusade. In Italia per presentare la biografia “ politicamente scorretta” di Hillary Clinton ( Hillary, la Regina del caos Zambon editore), anche lei è rimasta sorpresa dall’elezione di Donald Trump, ma oggi è ancora più sorpresa dalla reazione che il “ sistema” gli sta riservando. « Per la quasi totalità dei media è come se Trump non fosse stato eletto, il “ sistema” non riesce proprio a digerirlo, nel paese c’è una polarizzazione politica e psicologica profonda, una frattura che ricorda la Guerra di secessione, è straordinario » , commenta con un sorriso sarcastico.

Eravamo tutti convinti che Hillary Clinton avrebbe trionfato alle elezioni Usa, invece cosa è accaduto?

È accaduto che Donald Trump è riuscito a farsi percepire dagli elettori come un candidato fuori dal “ sistema”, e in parte questo è vero. Nelle elezioni presidenziali americane se vuoi avere una chance di essere eletto devi raccogliere una montagna di dollari, la forza di Trump è che ha usato la sua ricchezza personale per finanziare la campagna elettorale, non restando vincolato alle lobbies dei donatori. Da questo punto di vista è stato un candidato “ fuori sistema”, mentre Clinton è l’incarnazione dell’establishment, dei finanziamenti esterni, dai grandi gruppi finanziari, ai me- dia mainstream, alla famiglia reale saudita. Ma c’è anche un altro fattore che si è rivelato fatale per la candidata democratica.

Quale?

Si chiama Bernie Sanders, la sua candidatura alle primarie, il successo inaspettato che ha raccolto in particolare tra i giovani, le continue critiche rivolte alla sua rivale, hanno indebolito Hillary, la hanno allontanata dalla sua base. Sanders non è un rivoluzionario, ma un uomo sinceramente di sinistra, un socialdemocratico si direbbe in Europa, la battaglia politica che ha disputato ha messo in luce quanto Clinton fosse vicina alla destra, alienandole quei voti necessari per la vittoria. Senza la scesa in campo di Sanders Hillary Clinton sarebbe diventata presidente degli Stati Uniti. Se la nomination fosse stata una questione di popolarità Sanders l’avrebbe spuntata, ma il partito democratico ha scelto diversamente. Un’operazione che non è riuscita ai repubblicani, la loro debolezza e le divisioni interne hanno sospinto Trump verso la nomination.

Le definisce Trump come “ fuori sistema”, ma le sue prime nomine tra banchieri di Wall Street e petrolieri ci dicono il contrario.

Quando parlo di sistema non mi riferisco al sistema economicocapitalista, ma a quello politicomediatico, per il quale Trump era un corpo estraneo. Il suo discorso, rivolto ai lavoratori americani impoveriti dalla crisi, la sua promessa di rafforzare il tessuto economico nazionale lacerato dalla globalizzazione e dalla concorrenza esterna, ha fatto breccia tra gli operai che lo hanno ritenuto credibile, o comunque più vicino a loro di Clinton.

Un vero e proprio paradosso visto che stiamo parlando di uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti Si tratta di un paradosso comune a quasi tutti i paesi dell’Occidente dove le forze di sinistra hanno smesso di difendere gli interessi dei ceti popolari, hanno abbandonato la socialdemocrazia e l’idea di redistribuire il reddito, il che sta creando una dinamica caotica, disordinata, rivoltosa, dalla Brexit, alla corsa per la Casa Bianca, fino al referendum che si è appena svolto da voi in Italia. Pur di votare contro l’establishment gli elettori si affidano agli outsider, questo non vuol dire che gli outsider facciano gli interessi del popolo, ma che le classi dirigenti occidentali hanno fallito, tutte senza distinzione. La voglia di alternativa in un sistema che non prevede alternative è così grande, che si preferisce il “ salto nel buio”, insomma è quella che si dice una crisi di rigetto. Inoltre la sinistra, con il suo amore per le minoranze, ha dimenticato la maggioranza In che senso?

Voglio dire che le battaglie per i diritti delle minoranze, etniche, sessuali si giocano su tutto un altro piano rispetto a quelle socio- economiche, i lavoratori non sono una minoranza, ma la maggioranza delle persone, tra di loro ci sono individui di tutte le etnie e tutti gli orientamenti sessuali, ma quel che li accomuna è il fatto di essere lavoratori. Invece vengono balcanizzati, trattati anche loro come una minoranza tra le altre, questa miopia della sinistra ha provocato lo smarrimento e la fuga delle classi lavoratrici.

Come cambierà la politica americana con la presidenza Trump

Nessuno è in grado di fare previsioni, tuttavia, se darà seguito allle sue promesse, se davvero troverà un’intesa diplomatica con Putin dovremmo tutti essere contenti, una guerra tra Stati Uniti e Russia sarebbe un autentico disastro. Non credo che aspiri diventare il presidente dell’apocalisse, è un uomo d’affari e non ha certo l’ambizione di cambiare il mondo. Il problema è che non sappiamo chi ci sarà dietro di lui, quale personale politico si occuperà dei dossier più importanti, contrariamente a quel che si dice gli Stati Uniti non sono una dittatura, ci sono pesi e contrappesi, i governi sono composti da più personalità, la dialettica tra la Casa Bianca e il Congresso è spesso conflittuale, per capire l’orientamento dell’amministrazione bisognerà attendere ancora un po’. Ricordiamoci di George W. Bush, il tratto politico della sua presidenza è stato impresso dai suoi consiglieri neocon, sono stati loro a forgiare la “ guerra infinita”, sono stati loro a rilanciare l’idea di esportare la democrazia nel pianeta. Come Bush junior, anche Trump sembra manipolabile, ma anche più imprevedibile. Le posso raccontare un aneddoto che mi ha molto colpita?

Prego

Trump ha rifiutato un nuovo sofisticatissimo aereo presidenziale dicendo che era troppo costoso, ma la cosa interessante è che questo aereo è concepito per mantenere in volo il presidente degli Stati Uniti per un tempo illimitato, in teoria potrebbe trascorrere tra i cieli tutta la vita; il pianeta potrebbe essere distrutto da un conflitto nucleare e il presidente continuare a volare in eterno. È un concetto veramente spaventoso.

Dopo la Brexit e Trump, in Francia, paese che lei conosce molto bene, vincerà la populista Marine Le Pen? È una prospettiva che la spaventa?

No, non mi spaventa affatto, molti definiscono Marine Le Pen una fascista, ma non è così, il Front National non è più il partito di qualche anno fa, con lei è molto cambiato. Sempre per rimanere nel campo dei paradossi, ora che François Fillon è il candidato ufficiale della destra gollista, lei diventa il candidato di sinistra. Fillon ha un programma economico che si ispira a Reagan e Thatcher e ha promesso che taglierà senza pietà la spesa sociale, in particolare nella sanità pubblica, per questo la campagna di Marine Le Pen sarà giocata a sinistra, considerando anche che i socialisti non hanno alcuna chance di arrivare al ballottaggio. Le classi dirigenti occidentali sono state schiaffeggiate dalla Brexit, dalla vittoria Trump e ora i loro mezzi di informazione usano gli stessi mezzi e la stessa retorica contro l’ascesa Marine Le Pen. E se non c’è due senza tre...