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IL TORMENTATO ITER DELLA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO CHE HA ALIMENTATO TANTE ASPETTATIVE
Cinque anni sono passati dalla sentenza Torreggiani che ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani: trattamenti inumani e degradanti alle persone detenute nelle nostre carceri, tortura. « La carcerazione - hanno affermato i giudici di Strasburgo – non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato ».
L’Italia ha risposto prevedendo la concessione ai detenuti, per un periodo di tempo determinato, del beneficio della liberazione anticipata con decurtazione della pena da espiare non dei consueti 45 giorni, bensì di 75. Non per i detenuti per reati di mafia o per altri reati individuati come “più gravi” dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che sono stati ritenuti, con buona pace di tutti, o quasi, un po’ meno persone degli altri. Per loro una detenzione oltre i limiti di ogni decenza va bene tutto sommato perché sono veramente cattivi!
Un successivo decreto ha stabilito risarcimenti in denaro, 8 euro al giorno, per i detenuti tornati in libertà che sono stati costretti a vivere in uno spazio inferiore a tre metri quadrati ed uno sconto sulla pena residua pari al 10 % per chi è ancora ristretto, sempre che non abbia presentato ricorso a Strasburgo. Così si è percepita una attenuazione del sovraffollamento nelle prigioni italiane determinata anche dalla concorrente dichiarazione di incostituzionalità della legge che parificava le pene detentive per lo spaccio di droghe pesanti e di droghe leggere.
Il vaso di Pandora, però, era aperto e il re nudo Il ministro Orlando manifesta un proposito fermo: restituire vigore e dare finalmente attuazione all’articolo 27 della Costituzione, e dà vita agli Stati Generali sull’Esecuzione Penale, diciotto tavoli tematici di esperti negli specifici settori dell’esecuzione della pena con un compito, quello di riempire di contenuti tecnici e di norme concrete, attuabili, un progetto di di modifica dell’Ordinamento Penitenziario, nel senso del ripristino della legalità: il carcere come ' estrema ratio', quando ogni altra misura risulti inadeguata; dare attuazione, nel modo più ampio possibile, alle misure alternative al carcere; una carcerazione sempre umana e dignitosa che abbia l’uomo al centro come titolare di diritti; l’eliminazione di ogni automatismo che precluda o limiti l’accesso di alcune categorie di reati e, dunque, alle persone che li hanno commessi, alle misure alternative al carcere e, quindi, alle aspirazioni di recupero e di libertà.
Non appena approda alla Camera, la legge delega subisce il primo sbarramento ai suoi contenuti riformatori. L’eliminazione degli automatismi, con riguardo ai delitti puniti con l’ergastolo, non si applica ai reati di particolare gravità o allarme sociale, ovvero ai reati di mafia e terrorismo. Nulla di fatto e tutto da rifare per quel che riguarda l’ergastolo ostativo, perché è evidente che in carcere con l’ergastolo ostativo ci sono soltanto persone che hanno commesso reati di particolare gravità, di mafia e di terrorismo. Quindi l’ inciso di fatto menoma, toglie ogni senso sul punto, al progetto di delega. Ma c’è tanto altro da fare: lavoro, affettività, territorialità, salute, sovraffollamento, solo per citare alcune delle note più dolenti del pianeta dei reclusi.
A luglio 2017, Orlando nomina le commissioni perché scrivano la riforma dell’ordinamento penitenziario, dell’ordinamento penitenziario minorile, delle misure di sicurezza, della giudelega stizia riparativa. In fretta, prima possibile. A marzo scadrà la legislatura e le anime del giustizialismo esaspereranno le spinte oscurantiste. I testi vengono licenziati i primi di novembre ma soltanto il 22 dicembre viene varato il primo dei decreti dal Consiglio del ministri. Tutte le speranze si concentrano su quello. Si comprende con dolore che gran parte del progetto originario rimarrà in un cassetto. Non c’è tempo, non c’è volontà politica. Il Garante Nazionale delle persone private della libertà, dà il suo parere positivo con delle osservazioni. I testi passano alle Commissioni giustizia di Camera e Senato. Segnali di schizofrenia politica. Dal Senato arriva un alt ai propositi di cambiamento riguardo ai reati ( diversi da mafia e terrorismo) inclusi nell’art. 4 bis: ai magistrati di sorveglianza resti il compito di santificare l’esclusione dei detenuti per quei reati dai benefici trattamentali, costretti da uno schema legislativo che preclude loro di valutare i percorsi positivi delle persone ristrette e i loro sforzi di reinserimento. Il tempo passa.
Rita Bernardini inizia uno sciopero della fame a oltranza. Aderiscono diecimila persone, per lo più detenute. Con un appello, oltre trecento giuristi chiedono con urgenza l’approvazione della riforma. Tra i primi firmatari, Aldo Masullo, Luigi Ferraioli, Giovanni Fiandaca. Il Consiglio dei ministri si riunisce inutilmente senza mettere il decreto all’ordine del giorno, fino al 22 febbraio. Tantissima attesa e la speranza tra le pareti dei reclusi. Certo, se il governo resisterà agli sbarramenti delle commissioni giustizia, ci vorranno ancora dieci giorni almeno per emanare la riforma e la nuova legislatura con le sue promesse giustizialiste è alle porte. Arrivano, confortanti, le promesse del ministro Orlando e le rassicurazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, Gentiloni.
E si spera, ancora. Fino alla notizia giunta in tarda mattinata: presi in esame, per la prima volta, i decreti su lavoro in carcere, minori e giustizia riparativa.
Una occasione irripetibile perduta, al macero l’impegno di tanti nella sola direzione possibile, verso lo Stato di Diritto, anche per i detenuti, soprattutto per i detenuti, perché vulnerabili, perché presi in custodia dallo Stato. Uno strappo feroce alla speranza di chi attendeva da anni un cambiamento doveroso e possibile. Una cocente delusione per quanti hanno lavorato e lavoreranno ancora perché il carcere non sia un luogo di eliminazione ma di restituzione.
* COMMISSIONE CARCERE CAMERA PENALE DI ROMA
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ HA MESSO IN STAND BY I DECRETI FONDAMENTALI SU 4 BIS, PENE ALTERNATIVE E ASSISTENZA SANITARIA