Gilberto Pichetto Fratin, viceministro forzista dello Sviluppo economico con delega alla Concorrenza, spiega al Dubbio che «la partita sui balneari è ancora aperta» ma che «siamo di fronte a una sentenza che va rispettata» e che «nel caso di un compromesso equilibrato tra le forze di maggioranza il governo ne prenderà atto».

Viceministro, perché non si è arrivati prima a chiudere sul ddl Concorrenza?

Per un buon periodo di tempo siamo stati impegnati nel chiudere una parte del decreto, e i relatori dei vari partiti hanno poi iniziato a lavorare sui balneari. Prima abbiamo trovato un accordo sui porti, sul gas, sull’idroelettrico. Vista la diversità di vedute, su tutti questi punti era estremamente difficile trovare un equilibrio, ma ce l’abbiamo fatta. La parte della sanità ad esempio creava molta discussione e in più c’è stato il blocco di venti giorni sul tema del lavoro. Poi siamo arrivati alla parte sui balneari con una serie di confronti e ho chiesto a nome del governo di iniziare a votare quanto prima.

Cosa che non è ancora avvenuta, tanto che dopo il Cdm straordinario di due giorni fa Draghi ha inviato ieri una lettera alla presidente del Senato Casellati ( il ddl giace in commissione Industria a palazzo Madama) per velocizzare i tempi.

La partita che riguarda i balneari è tuttora aperta anche se, opinione personale e non del governo, credo ci siano tutti i presupposti per trovare un compromesso. Non è una questione di passi indietro necessari da parte di qualcuno. Il punto è che nelle trattativa ognuno mette i puntini sulle proprie i, ma voi giornalisti sapete benissimo che una i con cinque puntini sopra non è più una i. Certo stavamo andando per le lunghe, ma non c’è mai stato uno scontro.

Lo scontro tra Draghi e la maggioranza c’è stato però l’altra sera a palazzo Chigi, con i ministri in silenzio davanti alla sfuriata del presidente del Consiglio. Che ne pensa?

Penso che quando Draghi ha visto che il cronoprogramma stava ritardando, è intervenuto con decisione. Tenga presente che di fatto abbiamo cominciato a fine aprile a discutere nel merito i singoli punti e che ci sono ancora temi importanti che non saranno discussi in Senato ma lo saranno alla Camera. Per questo penso anche io che sia fondamentale andare avanti in tempi brevi, anche perché poi ci sono i decreti attuativi da completare entro fine anno.

Paolo Ripamonti, relatore della Lega in Commissione, ha detto che «non c’è alcuna correlazione tra il tema dei balneari e il Pnrr», come invece sottolineato da Draghi paventando il rischio di perdere i fondi europei. Cosa risponde?

Non commento le affermazioni di altri esponenti. Ritengo tuttavia che ci sia un impegno del governo italiano su questo decreto, da declinare poi negli atti del Pnrr. Impegno preso dall’esecutivo e che tutti in maggioranza vogliono mantenere. Anche, dico la verità, con un contributo serio e non ostruzionistico da parte delle opposizioni.

Il punto è che in maggioranza c’è anche chi ha prorogato per anni le concessioni che ora si dovrebbero mettere a gara. Come se ne esce?

Ora è facile dire che bisognava farlo prima. La questione balneari è ultradecennale, è vero, e di conseguenza oggi viene spontaneo lamentarsi del fatto che in passato non sono stati presi provvedimenti che andassero bene all’Europa o al Consiglio di Stato. Ma rimuginare su questo è come lamentarsi, a guerra in corso, della nostra dipendenza dal gas russo e dire che dovevamo avere il nucleare, dovevamo investire sul gas di nostra produzione e così via. Insomma, può essere corretto, ma non è utile.

Ha parlato di Consiglio di Stato e il riferimento è alla sentenza che impone di mettere a gara le concessioni balneari entro la fine del 2023. Come si risolve?

È una problema di equilibrio tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario. La nostra Costituzione lo impone e di conseguenza siamo di fronte a una sentenza che deve essere rispettata. Ma al tempo stesso stiamo lavorando sul tema, perché ci rendiamo conto che il termine, anche dal punto di vista operativo, è molto stretto. Vediamo se riusciamo a trovare un meccanismo giuridicamente compatibile per gestire la questione.

Il governo è pronto a fare dei passi indietro per facilitare un compromesso?

Le idee del governo sono quelle contenute nel provvedimento depositato ed esposte nell’articolo 2, 2 bis e 2 ter. Se poi si trova un punto di convergenza tra le varie forze di maggioranza compatibile con un indirizzo equilibrato ne prenderemo atto. Anzi, è quello che auspico, e sono convinto che ci riusciremo. Lo dico sulla base dell’esperienza del rapporto di forza tra i vari partiti. D’altronde anche su altri temi si è sempre arrivati a un accordo.

Con la differenza che più si va avanti e più ci avviciniamo alle elezioni, e ogni partito tira l’acqua al suo mulino.

È la democrazia. In democrazia ci sono le elezioni e quindi quando ci si avvicina al voto è del tutto legittimo che questo avvenga. Ma dico che a fianco di tutto ciò c’è il buonsenso, la lettura sul merito e il rispetto dei percorsi giuridici. Se mi chiede un parere personale le dico che sono abbastanza fiducioso, ma vediamo nei prossimi giorni come si evolve la questione in commissione.

Un’ultima domanda: è stato lei a riferire a Draghi dello stallo al Senato, da cui poi è derivata la convocazione d’urgenza del Consiglio dei ministri. Come ha reagito Draghi alla sua comunicazione?

È stato gentilissimo e ha preso atto della situazione. Non c’è stata alcuna reazione fuori luogo da parte sua. Mi ha chiesto come stessero le cose e io gliel’ho riferito. Dopodiché capisco la sua preoccupazione rispetto alla tempistica, che come membro del governo è anche mia.

«Non abbiamo perso tempo, ma ora si voti»

«SIAMO STATI IMPEGNATI, PER UN BUON PERIODO DI TEMPO, NEL CHIUDERE UNA PRIMA PARTE DEL DECRETO.

ABBIAMO TROVATO UN ACCORDO SUI PORTI, SUL GAS, SUL LAVORO, SULLA SANITÀ, SULL’IDROELETTRICO.

ED ERA ESTREMAMENTE DIFFICILE COSTRUIRE UN EQUILIBRIO, MA CE L’ABBIAMO FATTA. SIAMO INFINE ARRIVATI ALLA PARTE SUI BALNEARI E HO CHIESTO DI INIZIARE A VOTARE QUANTO PRIMA»