Da ieri  campeggia un po' ovunque la notizia del Maestro Bosso che ha interrotto un concerto, allungando oltre modo una pausa non prevista dalla partitura dell'ouverture del Flauto Magico di Wolfgang Amadeus Mozart, per permettere all'inopinato squillare della suoneria di un cellulare di cessare il suo fastidioso disturbo. Poi al termine dell'esecuzione ha cercato di spiegare al pubblico l'entità del danno procurato dall'avventore. «È un vaso incrinato, è una emozione interrotta, è una bellezza che si scompone, peggio di una tele sfregiata. È come lo squarcio su un Caravaggio, solo che la tela si può riparare, la musica no». Non me ne vorrà il maestro Bosso se giudico lievemente esagerata questa similitudine. La musica è un arte nel tempo, niente vieta agli esecutori di ricominciare da capo l'esecuzione per riproporre la sequenza emozionale al pubblico come l'aveva pensata il genio di Salisburgo, tanto più trattandosi di una sinfonia d'opera, una composizione in un unico movimento. Per quanto siano fastidiosi episodi di questo genere,  basta fare un rapido giro su YouTube per vedere che avvengono un po' in ogni parte del mondo e sono trattati con un po' più di ironia anche in concerti e da ensemble più prestigiosi della pur volenterosa orchestra che non ho mai ascoltato dal vivo, ma che da una sommaria ricerca su YouTube sembra la solita orchestra gestita da enti locali che tra tanti problemi, compresa in alcuni tratti un'intonazione traballante e non certo degna della partitura (quella sì assimilabile a un Caravaggio), da far risultare un po' azzardato il paragone col Merisi. Ovviamente sui social si è scatenata una ridda di commenti in cui la vulgata conformista, di cui la quasi totalità non andrà in una sala da concerto più di una volta all'anno, che non ha la minima idea di come sia costruita una forma sonata (che poi, escluso Bach, verosimilmente rappresenta la quasi totalità della musica classica che ascoltano, visto che quasi tutti i conformisti ascoltano solo il primo movimento che in tale forma è costruito e raramente tutti i quattro movimenti di una sinfonia o i tre di un concerto) e senza un programma in mano non ha la minima idea di dove applaudire, ha sentenziato la propria indeclinabile condanna allo sventurato declinando la propria adesione in tre grandi filoni. Quelli che si lamentano dell'invadenza dei cellulari, rimembrando i tempi felici in cui per chiamare qualcuno dovevi stare a casa tua o andare in una cabina telefonica, che poi forse non ci ricordiamo com'era avere un'urgenza di usare un telefono e trovare la cabina occupata da un aviere sotto la Naja che parlava con la sua bella rimasta a casa e aveva con sé un sacchetto pieno di gettoni o, in anni meno remoti, di monete che infilava al veloce ritmo degli scatti delle interurbane, ma che per quanti ne infilasse, sembravano non finire mai. C'è anche da aggiungere l'involontaria ironia del fatto che tutte queste persone che sentono l'urgenza di condividere la loro opinione su una piattaforma digitale, avrebbero assai difficoltà a reperire le stesse informazioni e a commentarle da una cabina Poi ci cono coloro per i quali l'intervento del maestro è stata una mano santa per combattere la maleducazione, anche se a ben vedere l'etichetta prevede di non far mai sentire a disagio un interlocutore, anche nel caso si macchi di violazioni sconvenientissime. “Mamma dobbiamo camminare come loro?” Chiede Minou ne Gli Aristogatti alla madre mentre le oche Guendalina e Adelina chiedono di seguirle sculettando davanti a loro. “Sì, cercate di sentirvi oche” risponde Duchessa, la madre della micetta e archetipo insuperato di buone maniere. Infine ci sono quelli che si vantano di spegnere il cellulare ogni volta che entrano al cinema e, nei casi più estremisti, per un concerto di tale portata lo lascerebbero proprio a casa e che probabilmente non hanno figli, e non hanno mai avuto emergenze in cui il cellulare si sia rivelato determinante. Ma quello che più mi colpisce è che tra i commentatori non ci sia la minima propensione a comprendere la dinamica dell'incidente, troppo forte l'odore del sangue. Dagli, dagli all'ignorante. Il sottoscritto tiene perennemente il telefono senza suoneria, se lo sento bene altrimenti richiamo in breve, tanto per un motivo o per un altro è raro che passi troppo tempo senza dare una sbirciata e quindi, salvo le rare volte che devo ricevere una telefonata importante e allora alzo la suoneria. Mi sarà capitato forse una volta in questi trent'anni di telefonia mobile che mi sia dimenticato di abbassare la suoneria in un posto inappropriato, forse era il Sacher (il cinema di Roma con la frequentazione più colta e intollerante, in cui se ti alzi prima della marca delle pellicole sulla sigla di coda vieni additato da tutti come un paria). L'imbarazzo che mi ha colto per quel fallo che sarà durato solo pochi secondi mi ha fatto provare un rimorso sesquipedale per settimane. Se come raccontano lo squillo è durato per un tempo abbastanza lungo, mi immagino una persona anziana, che magari deambula con fatica (e con altrettanta fatica magari paga l'abbonamento per la stagione concertistica), che dapprima non ha sentito il telefono. Poi non si è avveduta che la suoneria era la sua e infine il tempo per trovarlo (nella borsa? Nella giacca? Ma dove diavolo sta?) e che forse dovremmo provare tutti una moderata gratitudine per quelle persone che la musica, anche quando non è un evento mondano e di livello eccelso (perché parliamoci chiaro: Bosso non è Muti e l'orchestra sinfonica delle Marche non è la stessa cosa dei Berliner) con fatica fisica e pagando cifre non indifferenti vanno ad assistere in prima persona ai concerti sinfonici, invece di ascoltarseli su spotify. Ma la sete di riscatto che offrono i social, specie quando si spalleggia un forte (in questo caso il direttore d'orchestra), è troppo forte. E quindi che sia gogna per l'improvvido disturbatore e ci sentiremo tutti più colti.