Nel M5S e in Fi M5S e Fi lo scontro tra i ministri e i leader delle loro organizzazioni quasi prefigura una scissione. Nella Lega lo scontro è appena più sordo ma tangibile

Una certa tensione tra i partiti delle maggioranze di turno e le loro delegazioni al governo è quasi fisiologica, comunque molto frequente. I partiti guardano al consenso, devono dar voce agli interessi che chiedono di rappresentare e a volte rappresentano. I governi finiscono per essere spesso la controparte e i rappresentanti dei partiti al loro interno finiscono per trovarsi in una posizione scomoda, presi tra due fuochi e alla fine, in molti casi, solidali più col governo che con il loro partito.

Il caso del governo Draghi però va ben oltre quei confini fisiologici. In due partiti della maggioranza, M5S e Fi, lo scontro tra delegazione al governo e leadership politica quasi prefigura una scissione, della quale, che ci si arrivi o meno, ci sarebbe comunque ogni presupposto. In una terza, la Lega, in conflitto è appena più sordo, non arriva altrettanto vicino al punto di rottura ma la tensione è lo stesso tangibile e continua. Tra i 5S si può dire che lo scontro sempre meno sordo e latente tra Conte e Di Maio sia antecedente di molto alla divaricazione di queste ultime settimane e resa ancor più clamorosa dal fatto che il 5S bersaglino il governo proprio sulla politica estera, che fa capo a uno dei loro principali dirigenti. Ma all'interno di Fi la rivolta della ministra Gelmini di fatto contro Berlusconi è invece un inedito assoluto nella storia pluridecennale del partito azzurro e in questo caso lo scontro tra i ministri e il partito è a tutto campo.

La Lega, anche per il carattere del governista Giorgetti, è sinora riuscita a tenere la tensione maggiormente sotto controllo ma è una spada di Damocle che pende sul capo di Salvini, ove mai decidesse di portare la sua fronda anigovernista oltre il livello della chiacchiera propagandistica alla quale si è finora limitato. A modificare profondamente, rispetto al passato, il senso del confronto tra delegazioni al governo e leadership dei partiti non è solo la dimensione inaudita raggiunta dalla divaricazione. Altrettanto fondamentale, forse anche di più, è la natura del governo, un quasi inedito mix di esecutivo tecnico e politico. Una cosa è il frondismo della maggioranza e la solidarietà dei ministri più col premier che con il segretario quando si tratta di un governo composto e guidato da esponenti della maggioranza stessa. Tutt'altra cosa quando la tolda di comando del governo è tecnica e i ministri si schierano quindi non con una figura che non è comunque espressione della maggioranza politica ma ne è compiutamente esterna. Di fatto in tre dei quattro partiti maggiori che compongono la maggioranza sono presenti fronde molto rappresentative, almeno a livello di vertice, che convergono sul sostegno a un governo che prescinde dalla visione politica e si concentra solo sulla gestione pragmatica di una raffica di emergenze destinate a non svanire nei prossimi mesi. Il quarto partito, il Pd, non presenta problemi significativi di questo tipo. In compenso ha scelto di fare della totale adesione alle decisioni del governo la sua unica vera linea politica. In concreto fa blocco per intero con le delegazioni governative ribelli.

Questo quadro presente potrebbe condizionare a fondo quello futuro. Lo stato delle coalizioni è quello che tutti conoscono. A sinistra il duello tra Pd e 5S è sempre meno camuffato: anche solo arrivare al voto insieme sarà complicato. A destra le chances di conservare l'unità anche dopo il voto sono a essere ottimisti scarse.

Il miraggio di un rapido ritorno alla normalità post- Covid è nel frattempo già svanito. L'anno prossimo l'Italia si troverà alle prese con una situazione d'emergenza la cui gravità non è al momento prevedibile ma che potrebbe rivelarsi più grave di quanto non fosse la situazione al momento dell'ingresso di Draghi a palazzo Chigi.

Sarebbe del tutto naturale che, di fonte a una contingenza allo stesso tempo molto delicata e difficilmente governabile, la rete trasversale ' governista' che passa oggi per le delegazioni al governo, oltre che per il Pd e Iv, si adoperasse per ricostituire un governo simile, meglio se guidato dallo stesso premier se nel frattempo non sarà approdato sulle sponde Nato. Si può scommettere che, se le circostanze appena lo permetteranno, quel tentativo verrà esperito e con ottime probabilità di successo.